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10 domande sui “Social media che vorrei” al professor Ruben Razzante: come usare al meglio Facebook, Twitter e gli altri

Nel suo nuovo volume Ruben Razzante ospita riflessioni incentrate sul ruolo che le regole e le buone pratiche possono avere nella costruzione di una democrazia digitale imperniata su un corretto e maturo rapporto tra uomini e tecnologie. Ecco cosa ci ha risposto in queste dieci domande sui "Social media che vorrei".

di Vincent Russo

Ruben Razzante è professore di diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università Cattolica di Milano, è anche il fondatore di www.dirittodellinformazione.it e tante altre cose, tra cui consulente del governo per il contrasto delle fake news sul Covid 19. Ha appena pubblicato il suo ultimo libro “I social (media) che vorrei” per l’editore Franco Angeli. Il libro indaga i processi innovativi che stanno modificando la nostra vita, la vita di tutti i giorni, che cambia tutti i giorni per colpa o grazie all’internet e alle reti sociali sempre più al centro del dibattito sociale e politico.

I social network sono degli strumenti alla deriva? Quali rischi vedi e perché proponi un decalogo?
I social network possono essere considerati strumenti alla deriva in alcuni casi, ma non necessariamente in tutti. Dipende da come vengono utilizzati e gestiti. Nel mio “decalogo” dei (social) media che vorrei intendo offrire un contributo all’accensione della luce nella caverna digitale, all’individuazione degli interruttori che possono guidare Stati, organizzazioni, imprese, famiglie, cittadini nell’utilizzo sapiente degli strumenti digitali, mettendoli al servizio della crescita individuale e comunitaria. Si tratta di dieci priorità che tutti gli utenti dei (social) media, dai soggetti istituzionali al mondo imprenditoriale, dai singoli alle collettività organizzate, sono chiamati a perseguire per trasfondere nell’arena di internet i valori profondi della democrazia e per realizzare nuovi equilibri tra libertà e responsabilità.

Da studioso come hai visto l’evolversi delle reti sociali in questi ultimi? Il prossimo anno Facebook compirà i suoi primi 20 anni.
Negli ultimi anni, le reti sociali hanno subito un’evoluzione significativa. Facebook, fondato nel 2004, ha avuto un impatto enorme sulla diffusione dei social network e ha aperto la strada ad altre piattaforme come Twitter, Instagram, Snapchat e molti altri. Questi social network hanno rivoluzionato la comunicazione e l’interazione umana, aprendo nuove opportunità per connettersi e condividere contenuti con persone in tutto il mondo. Per quanto riguarda il futuro dei social network, è difficile fare previsioni precise. Tuttavia, è probabile che continueranno a evolversi e ad adattarsi alle esigenze degli utenti. Ci si può aspettare una maggiore integrazione di tecnologie come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata, nuovi modelli di monetizzazione e possibili cambiamenti nelle dinamiche di interazione tra le diverse piattaforme.

La democrazia, come la conosciamo oggi, è in pericolo per colpa dei social? (Pensiamo ai fatti di Capitol Hill in particolare, ma anche agli ultimi avvenimenti in Francia in cui Macron ha chiesto di “spegnere” i social).
I social media e le piattaforme digitali hanno avuto un impatto significativo sulla democrazia contemporanea. Mentre hanno fornito nuove opportunità di partecipazione, accesso alle informazioni e libertà di espressione, hanno anche presentato sfide e rischi. Gli eventi di Capitol Hill negli Stati Uniti e altre situazioni simili hanno dimostrato come i social media possano amplificare e facilitare la diffusione di disinformazione, teorie del complotto e incitamento alla violenza. In questi casi, le piattaforme digitali hanno giocato un ruolo nella diffusione rapida e incontrollata di informazioni false e nella mobilitazione di gruppi estremisti. Allo stesso tempo, l’uso dei social media da parte di leader politici o governativi può sollevare questioni sulla gestione delle informazioni e sulla libertà di espressione. È importante affrontare questi problemi in modo equilibrato, considerando la necessità di promuovere la democrazia, la partecipazione e l’accesso all’informazione, ma anche di proteggere i cittadini dalla disinformazione, dalla manipolazione e dalla violenza online

Se domani i social network sparissero e d’incanto si tornasse al 1999, avremmo un mondo migliore o peggiore? Il mio ipotetico giudizio su un mondo senza i social network dipende da come ci adatteremo a questo cambiamento e dalle alternative che si svilupperebbe nel contesto del ritorno al 1999. È importante riconoscere sia gli aspetti positivi che quelli negativi dei social network e lavorare per mitigare gli svantaggi e massimizzare i vantaggi che offrono a noi utenti.

E se invece a sparire fossero i telegiornali? Non è il tema del tuo libro in cui ti soffermi a parlare di internet, big data, cybersicurezza, ma non guardi con preoccupazione il dominio delle televisioni che virano a destra sul modello della Fox News? E’ politica o solo business?
Se i telegiornali sparissero, ci sarebbe un impatto significativo sulla diffusione delle notizie e sull’informazione di massa. I telegiornali hanno tradizionalmente svolto un ruolo importante nel fornire informazioni giornaliere al pubblico su eventi, politica, economia, cultura e altro ancora. Senza i telegiornali il panorama mediatico subirebbe una trasformazione significativa e il pubblico si affiderebbe a diverse fonti di informazione per soddisfare le proprie esigenze informative. La sfida sarebbe garantire una pluralità di voci e un accesso a fonti di informazione affidabili e verificate. Le diete mediatiche degli italiani sono d’altronde in costante evoluzione. Per me l’informazione, in quanto bene pubblico, deve essere imparziale e pluralista, inclusiva e democratica, ho l’idiosincrasia verso ogni forma di faziosità nel giornalismo.

Proponi la demonetizzazione per il contrasto delle fake news, ma per ora sembra che Meta stia “scaricando “tutte le news e i giornali. Pensi che possa accadere in Europa ciò che sta accadendo già in Canada?
La questione della demonetizzazione come strumento per contrastare le fake news è complessa e solleva questioni di libertà di espressione, pluralità delle voci e sostenibilità economica dei media. Qualsiasi iniziativa in tal senso dovrebbe essere attentamente ponderata e tener conto di tali aspetti, affinché non si creino situazioni che possano limitare l’accesso a informazioni accurate o minare la diversità delle voci. Quanto accade in Canada o in altri paesi potrebbe fornire spunti per considerare le possibili evoluzioni nel contesto europeo, ma è importante considerare le specificità di ogni paese e le politiche e regolamentazioni locali che possono influenzare il modo in cui le piattaforme digitali interagiscono con i media.

Sulla disciplina dell’uso dell’intelligenza artificiale cosa proponi? Vedi più minacce o opportunità?
La disciplina dell’uso dell’intelligenza artificiale richiede l’adozione di principi etici, regolamentazioni appropriate e una governance responsabile. È importante sviluppare modelli di IA trasparenti e imparziali, garantendo la privacy dei dati e promuovendo un dialogo inclusivo che coinvolga esperti, responsabili politici e la società civile. L’obiettivo deve essere quello di sfruttare l’intelligenza artificiale per il bene comune, promuovendo un equilibrio tra innovazione, efficienza e valori umani fondamentali.

Tu usi social network e qual è il tuo canale preferito?
Si, utilizzo prevalentemente LinkedIn, Instagram e Facebook soprattutto per condividere i miei articoli, le mie interviste o i contenuti pubblicati dal mio portale di Diritto dell’informazione che quotidianamente offre aggiornamenti su temi legati all’informazione e alla comunicazione, con una particolare attenzione alla privacy, alla libertà d’espressione, alla tutela dei diritti della personalità, alla cybersecurity, alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale. Li uso poco per socializzare, anche per mancanza di tempo.

La legislazione arriva fino a un certo punto, nel tuo libro parli di “autodisciplina”? Le nuove generazioni e la disciplina, a guardare le notizie di cronaca, non sembra ci sia molta sintonia. Tu sei più ottimista?
Certo l’autodisciplina in rete è uno dei punti del mio decalogo. Infatti, penso che per far crescere la cultura della Rete vanno irrobustite le garanzie giuridiche ma occorre coltivare con determinazione anche il filone dell’autodisciplina degli utenti, sia come singoli sia come appartenenti a categorie professionali. L’ottimismo o la preoccupazione riguardo al futuro dipendono da diversi fattori, tra cui l’approccio che le società e le istituzioni adottano nell’affrontare queste sfide, l’impegno nell’educazione digitale e la capacità delle nuove generazioni di sviluppare una consapevolezza critica. Sono convinto che con gli sforzi appropriati di educazione e sensibilizzazione, insieme a politiche e strumenti efficaci, le nuove generazioni possono sviluppare competenze e consapevolezza che favoriscono un uso responsabile delle tecnologie digitali.

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