“Le dico la verità, queste polemiche non le seguo più, sono talmente sfiduciato… l’età mi fa quasi pensare che ormai non me ne frega nulla”. Franco Coppi, 84 anni, l’avvocato penalista più famoso d’Italia, difensore di Silvio Berlusconi in vari processi, d’istinto si nega al telefono. Ma poi, da giurista laico, accetta di parlare degli attacchi del governo ai magistrati e dei ballon d’essai lanciati da via Arenula per vendicare i guai giudiziari dei politici di centrodestra. Ad esempio l’ipotesi di abolire l’imputazione coatta, cioè la possibilità del gip di obbligare il pm a chiedere il rinvio a giudizio di un indagato, com’è successo al sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro. Una norma che “dimostra l’irrazionalità del nostro sistema“, hanno scritto misteriose “fonti” del ministero ispirate dal Guardasigilli Carlo Nordio.
Professor Coppi, è d’accordo?
No, perché nel nostro sistema costituzionale vige l’obbligatorietà dell’azione penale. Perciò è previsto che il pm sottoponga il suo operato al controllo del giudice. Se il giudice ritiene che vi sia un’ipotesi di reato, come fa a far finta di niente? Vorrebbe dire che si limita a ratificare ciò che chiede il pm, e non è questa la sua funzione. Così come accetta una richiesta di archiviazione può anche rifiutarla. Se vogliono cambiare questa norma cambiassero tutto il sistema, altrimenti è una contraddizione.
Secondo le stesse “fonti”, però, obbligare un pm a fare il processo non ha senso, perché poi chiederà l’assoluzione.
Ma pure nel dibattimento il giudice non è legato alla richiesta del pm: valuta gli atti e poi decide come gli pare.
Giovedì sera il governo ha accusato i magistrati di aver “iniziato la campagna elettorale”, citando l’indagine sulla ministra del Turismo Daniela Santanché e la decisione del gip su Delmastro.
Non conosco le vicende, ma mi pare che si sappia da mesi che la Santanché è indagata. Io per natura non sono un dietrologo, queste tesi non mi hanno mai molto convinto. Poi, che un’iniziativa giudiziaria possa essere strumentalizzata dall’esterno, questo è certo.
L’altra idea del governo è di vietare la pubblicazione dell’avviso di garanzia.
Su questo sono favorevole, anche se non so come si possa realizzare nella pratica. Nel nostro ordinamento vige la presunzione d’innocenza ed è giusto che ciascuno venga chiamato a rispondere dei reati nel rispetto della riservatezza.
La destra vuole la separazione delle carriere perché dice che i giudici sono succubi dei pm. Ora però critica un gip perché ha dato torto a un pm. Non è una contraddizione anche questa?
Come no, come no. Ma anche ‘sta balla della separazione delle carriere, guardi…
Cosa intende?
Sarebbe un’enorme spendita di quattrini, di mezzi, una cosa mostruosamente difficile. E a che servirebbe? Io non ho mai pensato di aver vinto o perso una causa perché il pm faceva parte della stessa famiglia del giudice. Dipende dall’onestà intellettuale delle persone. Poi, ammesso che oggi il giudice consideri il pm un fratello, con la separazione lo considererebbe un cugino, perché continuerebbe a pensare che la sua visione sia imparziale, mentre quella dell’avvocato – che è pagato dal cliente – no. Infine un piccolo particolare: ma questi sono sicuri di trovare così tanta gente che vuol fare l’accusatore per tutta la vita? Quando faranno i concorsi per pm non so in quanti si candideranno.
Lei crede che la separazione sarà approvata in questa legislatura?
Mi pare che i numeri ci siano, la volontà politica anche. Persino la Meloni ha detto che è un obiettivo prioritario.
Ha letto il ddl di riforma della giustizia del ministro Nordio?
No, no, no, no. Lo studierò quando diventerà legge, se farò ancora l’avvocato. Il professore non posso più farlo da quando ho compiuto settant’anni, quindi non devo nemmeno spiegarlo agli studenti.
Avrà sentito però che si vuole cancellare l’abuso d’ufficio.
Così aumenteranno le indagini per corruzione: gli amministratori che si vogliono tutelare dovranno rispondere di un reato più grave.
Poi si prevede l’obbligo di interrogare l’indagato prima di disporre una misura cautelare.
E che facciamo, chiamiamo Totò Riina e gli diciamo che lo vogliamo arrestare?
In realtà per i reati più gravi l’obbligo non vale.
Ho capito, ma mi sembra comunque un po’ rischioso. Poi con gli arretrati che già abbiamo, con i tempi che ci sono, vogliamo introdurre un ulteriore adempimento?
Se dovesse scrivere lei una riforma, su cosa interverrebbe?
Il problema vero è la lentezza dei processi, non è possibile arrivare a sentenze definitive dopo 15 anni. Bisognerebbe intervenire dove si può guadagnare tempo.
Per esempio?
I miei colleghi avvocati mi uccideranno, ma se mettessimo gli atti delle indagini a disposizione del giudice del dibattimento sarebbe tutto più semplice. Mi spiega che senso ha far venire a testimoniare, anni dopo i fatti, l’ufficiale di polizia che ha scritto il rapporto su un omicidio, a cui chiedere se i proiettili per terra erano tre o quattro, se stavano a destra o a sinistra? Non si ricorderà più nulla. Quelle cose sono scritte, il giudice se le può leggere. Nei processi ci sono un’infinità di testimoni che vengono soltanto a confermare quello che hanno già detto nelle indagini.
Un giudizio sui primi mesi del governo Meloni in tema di giustizia?
Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.