“Una scelta scellerata”. Così l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi e vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, commenta a ilfattoquotidiano.it la decisione della Casa Bianca di fornire bombe a grappolo all’Ucraina. “In questo contesto, – afferma il presule – in questa scelta scellerata, tragica e drammatica di fornire bombe a grappolo a Kiev, facendo così salire il livello dello scontro, quali scenari possibili potranno aprirsi se non quelli di un’escalation della guerra tra Russia e Ucraina. Nonostante i viaggi di pace, le missioni di pace, la diplomazia di pace, il supporto umanitario che la Chiesa e tante associazioni continuano a dare all’Ucraina, che senso hanno tutte queste cose se sembra ineluttabile il prosieguo di una guerra che davvero nessuno sa prevedere quando e come potrà terminare?”.
Eccellenza, lei è stato recentemente in Ucraina e ha visto gli effetti devastanti anche delle bombe a grappolo. Cosa l’ha colpita maggiormente?
In una scuola materna di Nikolaev ho visto a terra le tracce delle bombe a grappolo. La direttrice dell’istituto piangeva ripensando ai danni alle persone e agli edifici. Anche mentre noi parlavamo si sentivano e si vedevano le esplosioni delle bombe. La notizia che quelle bombe a grappolo le può usare anche l’Ucraina non può non essere un motivo di scoraggiamento per quanti desiderano questa pace, la pace giusta nel senso che sia frutto di un dialogo, di un’azione comune, di una interposizione non violenta tra i due contendenti, tra chi aggredisce e chi è aggredito. Una decisione che continua ad alimentare questa escalation. Tra l’altro, non so perché, gli americani hanno detto che è stata una scelta difficile quella di inviare bombe a grappolo in Ucraina, ma la scelta è stata fatta. Nonostante 123 Paesi abbiano aderito alla convenzione che le vieta, fatta eccezione, guarda caso, proprio Stati Uniti, Russia e Ucraina. Francia e Germania hanno sottolineato subito la loro contrarietà, affermando che non erano questi i patti, mentre la Nato si è lavata le mani.
Più volte, anche durante questi 500 giorni di conflitto in Ucraina, era stato ribadito da tanti leader internazionali che colpire indiscriminatamente i civili è un crimine di guerra. Lo avevano affermato anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e la vicepresidente americana, Kamala Harris. Cosa è cambiato?
Sicuramente colpire indiscriminatamente i civili è un crimine di guerra. Ma la guerra stessa è un crimine contro l’umanità perché le vittime sono tra chi aggredisce e chi è aggredito, tra chi invade e chi è invaso. È proprio la logica della guerra come soluzione del conflitto che ancora una volta torna, a sessant’anni dall’enciclica Pacem in terris di san Giovanni XXIII, a denunciare che è alienum est a ratione risolvere i conflitti con la guerra. Invece, davanti all’evidenza di questa irrazionalità, le voci di quello che amo chiamare il popolo della pace, le voci della pace, non sono ascoltate per niente. Allora chissà quanti crimini contro l’umanità ci saranno. Sappiamo che la Russia sta commettendo crimini contro l’umanità. Non vorrei che la risposta difensiva generi a propria volta, sia pure per motivi di difesa, crimini contro l’umanità perché si vanno a colpire ugualmente civili e bambini, dall’una e dall’altra parte. Un’escalation davvero preoccupante e tragica.
Quali saranno le prossime mosse della Chiesa cattolica?
Zelensky al Papa ha detto praticamente: “Stai al tuo posto: prega e basta”. Come ebbe a dirmi il vescovo cattolico di Odessa che mi sconsigliò di andare lì: “Pregate a casa vostra perché noi non ci assumiamo le responsabilità nell’eventualità foste colpiti. Cioè, pregate e basta. E se volete farci un favore, mandateci le armi”. Tanto è vero che lo stesso vescovo cattolico di Odessa, in una sua intervista, disse che le armi che noi mandiamo sono benedette da Dio. C’è chi sostiene che la Chiesa non deve entrare nella geopolitica di questa guerra, deve solo pensare al livello umanitario. Non mi sembra che la missione a Kiev e Mosca del cardinale Matteo Maria Zuppi, inviato del Papa, sia servita solo per dire che la Chiesa manderà aiuti. È andato lì anche per dire, a nome del Papa: “Smettetela! Il Vaticano è qui, la Chiesa è qui per fare la mediazione”. Ma i due sembrano sordi. E io mi chiedo perché la Chiesa non deve entrare nella geopolitica? Perché la Chiesa deve restare confinata soltanto al piano umanitario? Per noi cristiani la pace è profezia. Non possiamo accettare, come ci ha insegnato san Giovanni XXIII, che la Chiesa non entri nella geopolitica. La voce degli operatori di pace come si esprime? La profezia della pace certo è difficile, ma nella Chiesa e nel mondo ritengo che abbiamo più bisogno di profezia che di diplomazia. Quando parlo di diplomazia intendo una logica mondana che potrebbe anche giustificare l’uso delle armi. Non parlo del discorso diplomatico: quello ci vuole. Il tessere una trama di relazioni in vista di una pace è necessario. Dico che al primo posto, però, ci dev’essere la profezia nella quale dobbiamo sapere anche, come cristiani, dare la vita come l’hanno data tutti i profeti. Il primo, ovviamente, è stato Gesù Cristo che, proprio per quella sua profezia di pace e non violenza, è stato messo in croce.
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