Negli anni Sessanta alla vigilia dei derby Milan-Inter il rossonero Giovanni Lodetti non dormiva di notte al pensiero di dovere affrontare l’indomani Luis Suarez, il Pallone d’oro spagnolo che all’età di 88 anni è scomparso questa mattina a Milano, dove da una vita aveva messo la residenza. Nel 1970 Luisito, come veniva chiamato un po’ da tutti, e Giovanni passarono entrambi alla Sampdoria, diventando compagni per tre stagioni e soprattutto amici. “Che botta che ho avvertito stamattina – dice Lodetti – quando ho ricevuto la triste notizia. Eravamo amici anche con le rispettive famiglie, abitava a pochi passi da me e capitava che ci incontrassimo per un caffè. Luisito era un campione esemplare, in spogliatoio non parlava più di tanto, ma bisognava stare attenti perché diceva sempre le cose giuste, tutti lo stavano ad ascoltavare. Alla Samp gli volevamo bene, si era creato un bel gruppo. A Genova tutti e due avevamo voglia di dimostrare alle squadre precedenti che eravamo ancora in grado di dare tanto. Sette anni più di me, fu un esempio. A centrocampo non ti lasciava mai solo, un calciatore straordinario”.

In quella Sampdoria si affacciava al professionismo anche il diciottenne Loris Boni, tante stagioni in serie A negli anni Settanta sia in blucerchiato che con la maglia della Roma. “Ci eravamo sentiti a maggio per il suo compleanno, non pensavo la situazione precipitasse così. E’ difficile da accettare, anche se aveva 88 anni. Ci messaggiavamo spesso – racconta Boni – devo tanto a lui perché mi ha sempre aiutato molto. Herrera aveva deciso di metterci in camera insieme. Mi sembrava incredibile a quell’età condividere la stanza con un campione del genere. Aveva un’umanità grandissima, si metteva al tuo pari senza farti sentire piccolo. Che umiltà! Mi ha insegnato a gestirmi meglio in campo, di controllare l’impeto dovuto sia al temperamento che alla giovane età: sul terreno di gioco mi guidava a parole e con i piedi, mettendo la palla sempre nel posto giusto. La sua tecnica era pazzesca anche a 37 anni”.

Saul Malatrasi arrivò all’Inter nel 1964, in tempo per vincere tutto in un solo biennio in nerazzurro. “Di Luigi mi impressionò da subito la serietà negli allenamenti, sempre in testa al gruppo, teneva un ritmo durante la settimana superiore a quello di gara. Ti faceva finire la giornata con la lingua a penzoloni. Appena arrivato all’Inter mi dissi: pensa te un campione così quant’è ancora un professionista?! Nel 1977 da allenatore della Spal venne a trovarmi nella mia casa a Calto, insieme a Bugatti: abbiamo fatto baldoria fino al mattino, parlando dei vecchi tempi e ridendo come matti. Era uno molto allegro, ti salutava sempre con una battuta. Mi dispiace tanto, ho il magone, mando un abbraccio alla moglie. Io sto bene, ma ormai sono vecchio anch’io e viaggi così lunghi per un funerale non me la sento più di farli”.

Aristide Guarneri ha giocato tante stagioni in quella Grande Inter assieme all’architetto del centrocampo. “Conosceva meglio di noi l’allenatore Helenio Herrera – dice dalla sua casa di Cremona – per averlo avuto a Barcellona, ci dava consigli nel comportamento per tenerlo buono. In campo era un amico, sempre pronto a incitarti e aiutarti. Lui e Picchi i due uomini squadra. E’ stato un professionista serio, con un piede eccezionale e una capacità di lettura del gioco impressionante”.

Una volta smesso di giocare, Suarez iniziò a fare l’allenatore già nel 1973 nelle giovanili del Genoa. Da calciatore aveva vinto proprio tutto, in Spagna e in Italia: gli è mancato solo il Mondiale con la nazionale. Da mister siederà anche sulla panchina dell’Inter in tre diverse riprese e sarà ct della Spagna Under 21 e di quella maggiore. Non replicherà i successi ottenuti da giocatore. Ivano Bordon era un giovane portiere inserito nella rosa di un’Inter che declinava e aveva ancora in squadra Luisito. Più tardi lo avrebbe avuto anche come allenatore nel 1974: “Mi diede fiducia facendomi giocare al posto di Lido Vieri in una partita di coppa europea. Era un bravo allenatore, ma non fu fortunato. Parlava poco e senza mai sbraitare, le persone giuste faticavano anche allora a diventare allenatori di successo”. In quell’esperienza nerazzurra c’era pure Franco Cerilli. I rapporti non furono sempre semplici, Suarez aveva già scartato il talento veneziano ai tempi del Genoa e all’Inter non gli diede mai piena fiducia. Cose che succedono nel calcio. Ma questo non è il momento delle polemiche per Cerilli, che nel 2020 ha perso anche l’amico Paolo Rossi, con cui formò una splendida coppia nel Real Vicenza. “Grande Luisito, se ne va un altro Pallone d’Oro. È stato un onore conoscerti. Ciao mister, fai buon viaggio”.

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