Nel fine settimana, nella città di Leticia, capitale del dipartimento del Amazonas, nel sud della Colombia, si sono riuniti Gustavo Petro e Luiz Inácio Lula da Silva. Il presidente e colombiano e quello brasiliano hanno dato vita ad un incontro bilaterale centrato sulla discussione della protezione dell’Amazzonia. Il “Summit di Leticia” così come è stato soprannominato, che ha visto la partecipazione di organizzazioni indigene e di enti volti alla conservazione e protezione dell’ambiente, apre la strada all’atteso vertice dell’Amazzonia, che si svolgerà a Belém (in Brasile), l’8 e il 9 agosto prossimi. Sul tavolo le azioni da intraprendere per invertire il degrado ambientale nella foresta pluviale amazzonica, che occupa una superficie di 7 milioni di km² compresa tra 9 paesi sudamericani: Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Brasile, Guyana francese, Suriname e Guyana.

L’Amazzonia ha sofferto un costante attacco a fronte delle varie attività umane e ad oggi la sua superficie totale si è ridotta di almeno 85 milioni di ettari: la continua (e selvaggia) deforestazione, unita al cambiamento climatico sono oggi le principale sfide da affrontare per il soprannominato “Polmone delle Terra”. A questo si aggiungono gli allevamenti massivi e le operazioni minerarie (legali e illegali) che promuovono un deterioramento che presenta già enormi impatti negativi nell’ecosistema amazzonico.

La Colombia di Petro e il Brasile di Lula guidano oggi le attività di protezione e conservazione della foresta pluviale più grande del mondo, basti pensare che durante il primo semestre della nuova amministrazione Lula, il tasso di deforestazione è diminuito del 33% rispetto allo stesso periodo del 2022 (quando era presidente Jair Bolsonaro).

Una delle chiavi della strategia per la protezione dell’Amazzonia e sicuramente il sostegno alla comunità indigene che la abitano, popoli ancestrali e che sono i guardiani e i custodi di questa ricchezza globale. Un elemento sottolineato proprio dalle parole di Lula che ha ricordato come “parlare di Amazzonia è parlare di superlativi: è la più grande foresta tropicale del mondo, ospita il 10% di tutte le specie di animali e piante del pianeta; ha 50 milioni di abitanti con 400 popoli indigeni che parlano 300 lingue, ha le più grandi riserve di acqua dolce del pianeta, compreso un vero e proprio oceano sotterraneo”.

A queste parole hanno fatto eco quelle del presidente della Colombia, Gustavo Petro, che ha voluto richiamare l’attenzione su un necessario cambiamento di paradigma: “Per molto tempo si è creduto che il progresso fosse la distruzione dell’albero per il bene della produzione industriale. Oggi però la ragione ci dice, attraverso la scienza, che l’intero sistema economico mondiale deve essere trasformato: questa è la sfida”. E in Colombia la deforestazione si è fermata del 76% nel primo trimestre del 2023 con l’amministrazione Petro però passare dalle parole ai fatti rimane molto complicato e uno dei temi discussi nell’incontro di Leticia ha riguardato la grande questione dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel sottosuolo della foresta. Un dilemma che trova la sua manifestazione tra gli altri anche in Ecuador con il caso del Parco Nazionale del Yasuní e che in generale risulta essere un grande scoglio per le politiche economiche dei paesi amazzonici.

In Brasile inoltre rimane ancora aperta la questione dell’approvazione della legge sul chiamato “Marco Temporal”, norma già passata alla Camera il 30 maggio scorso (nonostante il disappunto di Lula al riguardo) e ora nella mani del senato. Una legge che si centra nella modificazione del criterio di riconoscimento delle terre indigene in Brasile, stabilendo come punto di partenza temporale, per essere riconosciute, il giorno dell’entrata in vigore dell’attuale Costituzione, ovvero il 5 ottobre 1988. In questo senso, quei popoli indigeni che non possono dimostrare di aver abitato fisicamente quelle terre che dichiarano essere le loro, nel giorno della promulgazione della Costituzione brasiliana, non avranno più diritti su di esse. Una limitazione arbitraria del diritto delle comunità indigene al proprio territorio che crea uno stratagemma legale per sfrattare da territori che fanno gola all’agroindustria e al settore minerario i popoli indigeni, che come ricordato nel “Summit di Leticia” sono la nostra “migliore arma” per la preservazione di questo grande patrimonio globale.

L’appuntamento ora sarà tra un mese a Belém, incontro nel quale parteciperanno secondo le previsioni anche gli altri paesi del “gruppo amazzonico” che dovranno riprendere in mano il Trattato di cooperazione amazzonica (1978) e riattivare l’organismo che si creò a radice di quell’accordo, nel 1995: ovvero l’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica – OTCA (che non si riunisce dal 2009). Petro e Lula arriveranno preparati all’incontro di agosto, avendo potuto allineare idee e strategie, come quella di creare l’Osservatorio regionale amazzonico, il cui scopo sarà quello di sistematizzare e monitorare i dati di tutti i territori che costituiscono l’enorme foresta pluviale amazzonica.

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