Le scorte di munizioni Nato-Ue sono in esaurimento e l’Ucraina rischia di rimanere senza armi difensive. La giustificazione offerta dal segretario di Stato americano, Antony Blinken, alla decisione degli Stati Uniti di inviare bombe a grappolo all’esercito di Volodymyr Zelensky preoccupa forse più delle possibili ripercussioni delle cluster bomb sulla popolazione civile. Perché se ciò che il capo della diplomazia Usa ha dichiarato è vero, il protrarsi della guerra potrà portare solo a due epiloghi opposti, ma entrambi negativi: la capitolazione di Kiev o l’uso massiccio di armi sempre più letali.
Blinken ha parlato nel corso di un’intervista a Nbc e non ha usato mezzi termini per definire l’attuale situazione delle scorte europee e americane destinate ai soldati ucraini: “Le riserve nel mondo e in Ucraina di munizioni singole si stanno esaurendo . Così la difficile, ma necessaria, scelta di fornire bombe a grappolo si è ridotta a questo. Se non lo facciamo, finiranno le munizioni e se finiranno le munizioni rimarranno senza difese”. Quando gli è stato chiesto di commentare l’opposizione manifestata dagli alleati europei, in gran parte firmatari della Convenzione di Oslo del 2008 sulla messa al bando delle bombe a grappolo, a differenza di Usa, Russia e Ucraina, il segretario di Stato non si è detto particolarmente preoccupato: “Ogni alleato con cui ho parlato ha detto di comprendere perché stiamo facendo questo”.
Rimane il fatto che le motivazioni addotte da Blinken sollevano (di nuovo) il tema della capacità degli alleati di garantire rifornimenti sufficienti a sostenere un conflitto contro una potenza militare come quella russa che, invece, al momento non sembra soffrire di particolari mancanze. Mentre le difficoltà negli approvvigionamenti dalla parte occidentale del fronte sono note dalla fine del 2022. Tutta colpa della strategia in materia di Difesa dei Paesi Nato che non contemplavano più da anni la possibilità di una guerra convenzionale ai loro confini, concentrando l’addestramento e la produzione nel campo dell’aerospazio e in tecniche di combattimento e intelligence volte ad affrontare gruppi armati paramilitari e terroristici, ma non eserciti regolari potenti come quello russo. Dal canto suo, invece, Mosca non ha mai escluso la possibilità di un conflitto in stile novecentesco, sfruttando l’ancora enorme arsenale ereditato dagli anni della Guerra Fredda e integrandolo con sempre nuovi pezzi e munizioni, facilitata dalla propria dottrina militare con al vertice proprio l’artiglieria.
Anche per questo l’Alleanza è tornata a chiedere ai Paesi membri di rispettare la soglia minima del 2% del Pil da destinare alla produzione di armamenti. E anche per questo il Parlamento europeo ha dato il via libera al piano per fornire nuove armi all’Ucraina, anche con i soldi del Pnrr. Tutte mosse, però, che rischiano di risultare tardive: riorganizzare e aumentare la produzione richiede mesi, se non anni. Le aziende devono riconvertire le proprie catene produttive, devono essere fatti nuovi investimenti nella logistica e sui canali di approvvigionamento. Tutto ciò mentre il conflitto, nei momenti più intensi, ha visto entrambe le parti sparare decine di migliaia di munizioni al giorno: un ritmo difficilmente sostenibile anche per le attuali catene produttive americane senza che vengano messe in crisi le scorte nazionali.
Questa la prospettiva se quello che ha dichiarato Blinken è attinente alla realtà dei fatti. Se invece la situazione non è così tragica come appare dalle sue dichiarazioni, saremmo semplicemente di fronte a un tentativo di giustificare una mossa, l’invio di bombe a grappolo, considerata spregiudicata anche dai propri alleati.