Sono sempre stato convinto che essersi concentrati in maniera esclusiva e ossessiva sui diritti civili – come anche sulle inclinazioni o sui capricci individuali di chi vorrebbe che il proprio desiderio fosse riconosciuto a guisa di diritto – è stata una delle cause principali del tracollo delle forze progressiste. Ma questo non deve impedire di riconoscere che il nostro è uno dei paesi più arretrati rispetto alla condizione e alla considerazione della donna. Tanto più che a ricordarcelo vi sono i fatti della cronaca, aggravati dalle uscite sconsiderate e ripugnanti di altissime cariche dello Stato o di giornalisti a cui si starebbero per affidare trasmissioni televisive molto importanti.
Nel caso che vede opposti una ragazza di 22 anni e l’ancor più giovane figlio del Presidente del Senato La Russa, poi, si aggiunge un elemento aggravante che pur ormai si ignora puntualmente.
Sì, perché non ci troviamo di fronte soltanto al gesto indecoroso e inopportuno di un padre che si erge a investigatore, giudice e custode della sacra moralità: “L’ho interrogato io stesso e non è emerso nulla di penalmente rilevante, gli rimprovero soltanto di aver portato a casa una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato, nutro piuttosto dei dubbi su questa ragazza risultata positiva alla cocaina”. Né dobbiamo confrontarci soltanto con un giornalista che – per difendere il figlio del potente – attacca e apostrofa la ragazza con frasi degne di un maschietto bifolco e sessista.
Il forte elemento aggravante, che puntualmente oggi si ignora, concerne quella che un tempo si chiamava lotta di classe. Sì, perché qui ci troviamo di fronte a famiglie ricche, potenti e influenti – come sappiamo, il caso del presidente La Russa non è l’unico – che utilizzano tutta la propria forza per affrontare situazioni in cui un normale cittadino potrebbe soltanto tacere e affidarsi alle indagini della magistratura.
Evidentemente non si tratta soltanto di opportunità istituzionale e sensibilità umana (qualità che La Russa, peraltro in buona compagnia in questa compagine di ultradestra, aveva già ampiamente dimostrato di ignorare del tutto). Qui siamo proprio di fronte al “Potere” che, con la compiacenza zelante e pelosa del “giornalistucolo”, reagisce in maniera sguaiata e rabbiosa di fronte all’eventualità di essere sottoposto a giudizio come un “popolino” qualunque.
Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, Marx ed Engels consideravano la condizione della donna come uno dei tre elementi che componevano la lotta di classe, insieme a quella dei lavoratori salariati e delle nazioni colonizzate. Violenza e discriminazione sulle donne rientrano senz’altro tra i gravi problemi culturali di un paese in cui ancora si cerca il pretesto che giustifichi stupratori e molestatori (gonna troppo corta, sostanze assunte etc.). Dati di tre anni fa documentano che il 40% degli uomini e il 20% delle donne giustifica uno schiaffo alla partner se questa ha flirtato con un altro, un uomo su tre e tre donne su dieci ritengono legittimo che il maschio forzi il rapporto sessuale se la partner non è consenziente, mentre in generale oltre il 40% delle donne dichiara di aver subito molestie o violenze nella propria vita.
Ma sarebbe grave non considerare che l’oggettivo problema culturale (maschi maleducati e patriarcato fondato su rapporti e valori ormai inaccettabili nel XXI secolo) rientra all’interno di un problema politico che, se non più importante, è comunque più grande: quello di una società iper-liberista in cui i ricchi e i potenti sono sempre più tali e anche privilegiati, perché spesso per loro non valgono le regole e le leggi a cui devono attenersi i cittadini comuni. Dovrebbe ricordarsene una certa cultura che, nella smania di “fluidificare” tutto, smarrisce la capacità di distinguere fra privilegio e ingiustizia, fra aggressore e aggredito, fra ricco e povero. O che non sa più distinguere anche fra maschi e femmine, rendendo in questo modo terribilmente più difficile educare i primi e tutelare le seconde, come anche in generale superare una cultura patriarcale che ha declinato la differenza di genere solo in termini di superiorità del maschio sulla femmina.
Insomma, sarà la magistratura a stabilire se i figli di alcuni potenti sono colpevoli o meno di stupro. Mentre dovrebbe essere la politica a non condannare questo paese all’inettitudine, all’irrilevanza e all’arroganza castale che ormai stanno prendendo il largo sicuramente a destra, ma senza che dall’altra parte vi siano eccezioni significative.