“Comprendo molto bene, da madre, la sofferenza del presidente del Senato, anche se non sarei intervenuta sul merito della vicenda. Tendo a solidarizzare per natura con una ragazza che denuncia e non mi pongo il problema dei tempi”. Così Giorgia Meloni “scarica” Ignazio La Russa sullo scandalo che ha coinvolto il figlio Leonardo, indagato per violenza sessuale dopo essere stato denunciato da una ex compagna di liceo che dice di essersi svegliata nuda nel suo letto dopo una serata in discoteca. La prima reazione della seconda carica dello Stato alla diffusione della notizia, infatti, era stata quella di mettere in dubbio l’attendibilità della giovane sottolineando che l’esposto fosse arrivato soltanto a quaranta giorni dai fatti. Una linea rilanciata anche da altri esponenti di centrodestra, che la presidente del Consiglio però sceglie di sconfessare in toto: “Bisogna andare nel merito e capire cosa sia accaduto, e mi auguro che anche qui la politica possa restarne fuori”, dice rispondendo ai giornalisti nella conferenza stampa dopo il vertice Nato di Vilnius (la prima a cui si presenta dallo scorso febbraio).

“Nessun conflitto con le toghe” – La premier difende invece, anche se con intensità diverse, gli altri due esponenti del suo governo e del suo partito finiti nei guai giudiziari, la ministra del Turismo Daniela Santanché e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Nega che la riforma penale presentata dal Guardasigilli Carlo Nordio sia stata progettata per “punire” le toghe in relazione a queste vicende: “Si rischia di scivolare su un dibattito che non aiuta, non penso che vada messo insieme quello che il governo ha nel proprio programma sulla giustizia e le scelte che i magistrati fanno su casi specifici: sono due materie diverse, occorre distinguere, non c’è alcuna volontà da parte del governo di aprire un conflitto. La giustizia ha bisogno di correttivi, va resa più veloce, efficiente, dev’essere e apparire imparziale”, afferma. Dicendosi “sorpresa” dal fatto “che in queste ore in alcune dichiarazioni dell’Anm (l’Associazione nazionale magistrati, il “sindacato” di giudici e pm, ndr) si siano collegati questi obiettivi, storicamente nel nostro programma sulla giustizia, a uno scontro fra governo e magistratura, quasi come se queste nostre posizioni avessero un intento punitivo” (video).

Su Delmastro: “Il giudice non deve sostituirsi al pm” – Il tema giustizia d’altra parte affiora subito nelle domande dei cronisti: “Non me l’aspettavo questa…“, ironizza al primo che le chiede delle turbolenze interne. “Approfitto per fare chiarezza. Ci sono state molte polemiche, ho letto cose curiose. Non c’è dal mio punto di vista alcun conflitto con la magistratura. Chi confida nel ritorno dello scontro tra politica e magistratura credo che rimarrà deluso”, esordisce. Poi passa a parlare delle “anomalie” delle singole vicende giudiziarie, premettendo però che “sono tre casi diversi e vanno valutati ciascuno a sé”. La difesa più netta è quella di Delmastro, che – ricordiamo – è accusato di rivelazione di segreto amministrativo per aver riferito a un suo compagno di partito, Giovanni Donzelli, il contenuto di un rapporto di polizia penitenziaria sui dialoghi in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e alcuni boss mafiosi detenuti con lui al 41-bis: la Procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip l’ha negata ordinando l’imputazione coatta, cioè obbligando i pm a chiedere il rinvio a giudizio. “Per come la vedo io, il processo di parti e la terzietà del giudice significa che il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm“, dice Meloni, riprendendo il contenuto di una nota diffusa da misteriose “fonti” del ministero della Giustizia (“l’imputazione coatta dimostra l’irrazionalità del nostro sistema”). In realtà, come ha spiegato al fatto.it l’avvocato Franco Coppi (celebre penalista che ha difeso anche Silvio Berlusconi in vari processi) il controllo del gip sull’operato del pm serve proprio a garantire il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale in presenza di una notizia di reato. E a ricordarlo a Meloni è anche l’Anm tramite il suo segretario Salvatore Casciaro: “Nel caso del sottosegretario di stato Delmastro non si è trattato di una sostituzione del giudice al pm, ma del doveroso controllo che il giudice esercita sul suo operato. Un giudice che valuta gli elementi di prova e si orienta autonomamente non si sostituisce al pm, ma fa solo il suo mestiere di giudice, con la terzietà che lo contraddistingue”.

Su Santanché: “Anomalia indagine notificata a un quotidiano”. Ma è falso – Sul caso Santanché, indagata per il falso in bilancio e la bancarotta delle sue società, la premier è più prudente: la questione, dice, è “molto complessa, va vista nel merito quando il merito sarà completamente conosciuto, ma credo che questo competa alle aule dei tribunali e non alle trasmissioni tv (il caso è stato affrontato più volte da Report, ndr). L’anomalia è che al ministro non viene notificata l’indagine, ma viene notificata a un quotidiano il giorno stesso in cui lei va in Aula per l’informativa. Io segnalo un problema di procedura”, attacca. Anche questa, come ormai noto, è una falsità: la notizia che Santanché fosse indagata era stata data già il 3 novembre in contemporanea da quattro quotidiani, che l’avevano scoperta leggendo gli atti della procedura pubblica di fallimento aperta dai pm nei confronti della sua società Visibilia. Il 5 luglio, giorno dell’informativa della ministra in Senato, la notizia è stata semplicemente “ripresa” in prima pagina da Domani, circostanza sfruttata dalla ministra per accusare la stampa di averle teso un’”imboscata. Inoltre è del tutto normale che non sia ancora arrivato un avviso di garanzia, poiché l’indagine non è ancora chiusa: ma gli atti del fascicolo, per legge, non sono più segretati da febbraio, cioè da quando è scaduto il termine massimo di tre mesi in cui è possibile mantenere riservata l’iscrizione, anche di fronte a una richiesta formale dell’interessato. Per “scoprire” di essere indagata, quindi, a Santanché sarebbe bastato fare un accesso in Procura negli ultimi cinque mesi. Ma Meloni allontana le richieste di un passo indietro arrivate dalle opposizioni (il M5s ha presentato una mozione di sfiducia sia al Senato che alla Camera): “Un avviso di garanzia non determina le dimissioni di un ministro, a maggior ragione con queste modalità”.

Schlein: “Difende l’indifendibile” – Adottando tre linee diverse sui tre casi, la premier di fatto rinnega la “teoria del complotto” accreditata da fonti di palazzo Chigi in una velina diffusa subito dopo l’imputazione coatta ordinata per Delmastro, in cui si accusava una parte dalla magistratura di essere addirittura “un fronte dell’opposizione” che ha “iniziato la campagna elettorale per le Europee 2024″. Poi però, a precisa domanda se si riconosca in quella nota, Meloni risponde di sì. Una linea che non convince la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. “Un brutto spettacolo per il Paese: difende l’indifendibile. Riesce a dire tutto e il suo contrario. Questo abbiamo sentito nelle contraddittorie dichiarazioni sulla giustizia della premier Giorgia Meloni. È evidente dalla conferenza stampa di oggi che ci sono due Meloni. Una che rivendica con orgoglio le note di Palazzo Chigi che accusano la magistratura di fare opposizione. E l’altra che nega qualsiasi scontro con la magistratura”, attacca. “Sulla questione Santanchè”, aggiunge, “dice che non si tratta di una questione politica ma attacca frontalmente magistratura e stampa. E non risponde una parola sulle gravi accuse nel merito di quello che sta emergendo attorno a Daniela Santanché. Credo invece che non si possa affermare che non è una questione politica quando una ministra afferma il falso davanti all’Aula”. Anche il leader M5s Giuseppe Conte definisce “gravi” le parole della capa del governo: “Ha sottoscritto le “fonti Chigi” che dicevano che la magistratura ha cominciato la campagna elettorale per le europee. Invece di abbassare i toni li ha innalzati. Questa cosa non è accettabile”.

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