Titan, la versione dell’ingegnere. Tocca allo spagnolo José Luis Martin proporre la propria ipotesi sugli ultimi istanti di vita dei cinque passeggeri del sommergibile OceanGate imploso in fondo all’oceano Atlantico mentre cercava di avvicinarsi ai resti del Titanic. Ma chi è questo ingegner Martin? Un signore che insegna in una università spagnola. Insomma, l’importante è ipotizzare all’infinito su quegli ultimi attimi di vita di Hamish Harding, Shahzada e Sulaiman Dawood, Paul-Henry Nargeolet e Stockton Rush, prima che esca una serie o un libro inchiesta.
Attenzione allora, Martin dice che i cinque sarebbero stati a conoscenza del proprio destino per un lungo minuto prima dell’implosione. Inoltre l’implosione sarebbe dovuta ad un guasto elettrico che avrebbe fatto perdere stabilità al sottomarino, lasciandolo senza propulsione e facendolo precipitare negli abissi. Martin spiega, così a spanne, che la caduta del Titan sarebbe iniziata sui 1.700 metri e l’implosione sui 2.500. Morale della tragedia: i cinque avrebbero vissuto un interminabile minuto al buio “ammassati gli uni sugli altri” (chissà come l’ha ipotizzato? ndr) con la consapevolezza di morire. E se non ne avete abbastanza ecco Martin spiegare: “Immagino la paura e l’agonia. Deve essere stato come un film dell’orrore”. L’ingegnere che ha immaginato anche il rumoree dell’implosione (“lo scoppio di un palloncino”) ha specificato che la morte istantanea sarebbe avvenuta dopo circa 48-71 secondi dall’inizio della caduta.