Maddalena Urbani, la figlia 21enne del medico-eroe Carlo Urbani che per primo isolò il virus della Sars, è morta per overdose il 27 marzo del 2021, in un appartamento in zona Cassia a Roma. E ora torna libero il pusher siriano Abdulaziz Rajab, finito sotto processo per la vicenda. I giudici della Corte d’Assise di Appello della capitale hanno infatti riformulato l’accusa nei suoi confronti da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo, abbassando la condanna dai 14 anni di primo grado a 4 anni e sei mesi. Cambia l’accusa anche per l’amica di Maddalena, Kaoula El Haouzi condannata in appello a tre anni di reclusione per omicidio colposo, rispetto ai due del primo grado in cui gli fu contestata l’omissione di soccorso.
Nel processo erano costituiti parte civile la madre e il fratello della vittima. “Anche il processo di secondo grado ha stabilito che Maddalena poteva essere salvata se soccorsa tempestivamente. Ha avuto una drammatica agonia durata circa 15 ore ma nessuno ha chiamato il 118″, ha commentato il loro legale, l’avvocato Giorgio Beni. Maddalena era arrivata nell’appartamento di via Cassia, dove è morta, da Perugia, città dove viveva da alcuni anni. Il corpo privo di vita della ventenne venne trovato dopo una segnalazione al 118.
Ad ucciderla anche un abuso di oppiacei e l’assunzione di metadone. L’appartamento, in condizioni fatiscenti, era occupato dal 64enne cittadino siriano che si trovava agli arresti domiciliari per spaccio di stupefacenti. La perquisizione della Polizia portoò al rinvenimento di alcune dosi di eroina, metadone e un mix di psicofarmaci. La ventenne, a causa delle sostanze, si sentì male quasi subito e perse conoscenza, crollando a terra. “Ricordo di averla distesa sul letto e di averle praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca – ha raccontato uno dei testimoni, un operaio di origini romene, nel corso del processo di primo grado -. Avevo imparato queste tecniche dalla tv e da un corso di primo intervento in cantiere. Ricordo che la ragazza si riprese, di fatto l’ho fatta resuscitare”. Ad allertarlo era stato il pusher. “Rajab mi ha chiamato sul cellulare – ha spiegato il teste – era molto agitato, nel panico, perché una ragazza che era a casa sua era svenuta. Dopo che la ragazza si è ripresa ho consigliato a Rajab di allertare il 118 ma il giorno dopo ho sentito dai notiziari quello che era successo”.
Secondo i consulenti della Procura di Roma, una tossicologa e un medico legale, la ragazza morì per una overdose ma poteva essere salvata in quanto fu colta dal malore intorno alle ore 20 del 27 marzo ma l’ambulanza venne chiamata solo alle 13 del giorno dopo, a distanza di circa 15 ore. Nelle motivazioni del primo grado i giudici affermarono che “una telefonata tempestiva al 118” sarebbe stata “sufficiente a salvare la vita di Maddalena“. I due imputati “preferirono non allertate i soccorsi” nonostante “l’esatta consapevolezza della gravità della situazione, dimostrata dalla necessità di intervenire più volte quella notte sulla ragazza con manovre di tipo rianimatorio”.