L’imputazione coatta? “Un’anomalia“, che “è in contrasto con i principi del processo accusatorio e va riformata”. Intervenendo a un evento di Fratelli d’Italia a Roma (video), il ministro della Giustizia Carlo Nordio se la prende ancora con il meccanismo processuale che trasformerà in imputato il suo sottosegretario Andrea Delmastro, accusato di rivelazione di segreto amministrativo per aver riferito a un suo compagno di partito, Giovanni Donzelli, il contenuto di un rapporto di polizia penitenziaria sui dialoghi in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e alcuni boss mafiosi detenuti con lui al 41-bis. La Procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip l’ha negata obbligando i pm a formulare l’imputazione. Poche ore dopo, imprecisate “fonti” di via Arenula hanno attaccato questa decisione, che, hanno scritto, “dimostra l’irrazionalità del nostro sistema”. Una velina che ora Nordio rivendica in pieno: “Mi riconosco nella nota che abbiamo dato. Ribadisco che, da un punto di vista squisitamente tecnico, il codice Vassalli non ha portato alle estreme conseguenze del principio del processo accusatorio che vuole il pm monopolista dell’azione penale. E ha lasciato al giudice la possibilità di quella che si chiama imputazione coatta. Questo è in contrasto con i principi del processo accusatorio e secondo noi va riformato. Naturalmente finché la legge c’è va applicata. Quindi non c’è nessuna stranezza nel fatto che vi sia un’imputazione coatta, com’è stata fatta. Non è un’anomalia. L’anomalia è nell’ordinamento. Ma è una cosa tecnica”, dice. In realtà, come ha spiegato al fatto.it l’avvocato Franco Coppi, il controllo del gip sull’operato del pm serve proprio a garantire il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale in presenza di una notizia di reato.
Il ministro conferma di voler arrivare a una riforma costituzionale che separi le carriere di giudici e pubblici ministeri. Ma nega che questo sia un modo per mettere la magistratura sotto il controllo del governo: “Sono trent’anni che si gioca su questo equivoco. Non c’è nessuna correlazione tra la separazione delle carriere e l’assoggettamento dei giudici alla politica. Nell’ordinamento americano, il pm risponde addirittura agli elettori perché è elettivo. Se fa indagini troppo lunghe e costose, va a casa perché lo mandano a casa gli elettori”. Rivendica l’abolizione dell’abuso d’ufficio prevista nel suo ddl di riforma penale (“una marea di procedimenti e zero condanne, era l’unica soluzione possibile”) e pronostica che il testo arriverà in Commissione al Senato “la prossima settimana“. Ma soprattutto torna sulla sua dichiarazione in un’intervista a Libero con cui ha detto di voler “rimodulare” il concorso esterno in associazione mafiosa, definito un “reato evanescente”: “Il concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. Il concetto stesso è contraddittorio, un ossimoro. Noi non vogliamo eliminare il concorso esterno. Sappiamo che si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione. Ma allora va rimodulato il reato che in questo momento non esiste. La fattispecie penale in questo momento non è strutturata. Pensare che si possa fare in questo modo un favore ai mafiosi è vuota metafisica”, giura. Ma persino nel suo partito non ci credono: “Non se ne parla neanche“, ha detto un big di Fratelli d’Italia interpellato dal fatto sull’ipotesi di rivedere la fattispecie.