Se qualcuno volesse, magari tra cent’anni, conoscere lo stato di salute del giornalismo italiano di questi nostri anni, potrebbe trovare ottimi indizi leggendo quello che Mattia Feltri ha scritto nel suo Buongiorno su La Stampa di martedì.

Il tema è il celebre articolo di Filippo Facci su Libero a proposito delle denuncia di una giovane che sostiene di aver subito violenza da parte di Leonardo Apache La Russa, con conseguente intervento del Presidente del Senato e polemiche varie. La faccenda è arcinota e non c’è bisogno di rievocarla. Il pezzo di Facci è così orrendo nei concetti e nella scelta delle parole che sono si sono sollevati a denunciarne l’orrore non solo le solite femministe permalose ed Elly Schlein, ma anche personaggi e gruppi molto più moderati. Per esempio anche il neo ad della Rai, che dovrebbe affidare a Facci un programma nel nuovo palinsesto, pur nei suoi toni sempre pacati e riflessivi non è parso apprezzare molto l’uscita del nuovo possibile opinionista del servizio pubblico.

Alla fine lo stesso Facci si è un po’ pentito di quello che ha scritto confessando che, a pensarci bene, avrebbe scelto altre parole. Ma Feltri no, lui tira dritto e come già fece con il suo mentore Verdini, lo difende. O meglio, per difenderlo, accusa gli altri, le moltitudini che scrivono sui social e naturalmente il Pd rei di fare la guerra al povero Facci. Il quale è un burlone che in una partita di calcio contro i colleghi del Borghese si lancia all’attacco al grido di “morte ai fascisti”, mente un’altra volta si presta a fare il birillo in una finta partita di bowling.

Insomma, come usa dire oggi con una cera frequenza, una specie di futurista, anche se per meritare quel titolo bisognerebbe aver dipinto qualche bel quadro o scritto qualche bel libro.

Inoltre è stato seguace di Pannella (anche Capezzone lo è stato, e anche la Roccella) e di Craxi (c’è proprio da vantarsi) e ha anche altri meriti: nemico di ogni proibizionismo e del giustizialismo (te pareva che non ci fosse di mezzo il giustizialismo), Filippo il libertario come il suo omonimo re francese che, per le sue idee progressiste, si guadagnò il nome di Filippo égalité. E ora tutti questi pregi vengono dimenticati per una frase inopportuna e per la cattiveria del Pd.

Ecco cos’è il giornalismo: una faccenda di amicizia, di amici di gioventù, di compagni di scuola e di merende, di buoni (i tuoi amici) e di cattivi (quelli che ne denunciano le malefatte). I fatti, anche quelli più chiari, scritti nero su bianco, che non si possono cancellare né fraintendere contano fino a un certo punto, anzi in certi casi, quando l’amicizia è tanto profonda, non contano proprio.

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