Cosa vi viene in mente quando pensate al marchio Smart? Probabilmente la ForTwo, la vetturetta dei parcheggi impossibili, campionessa del dribbling urbano nonché monolite cubico su ruote. Un’istituzione delle strade della Capitale – Roma è la Smart city europea, dove se ne sono vendute di più –, buona per affrontare l’ingorgo dell’ora di punta quanto l’aperitivo in centro piuttosto che nei migliori locali della Fregene bene. Un miracolo tutto italiano, se non addirittura romano, però: perché nel resto del mondo la “smartina” – lunga 2,5/2,7 metri – è stata sempre un’automobile di super nicchia, poco sostenibile a livello industriale.
Comunque, di “quella” Smart non rimarrà nulla se non il nome, con buona pace degli smartisti doc. Andando a memoria, la marca ha provato più volte a lanciarsi in operazioni di metamorfosi, poco riuscite a dire il vero: lo aveva fatto col lancio delle ForFour di prima e seconda generazione, compatte sì, ma non abbastanza per essere “diverse” dalle altre auto in circolazione; e pure con la Roadster e relativa versione coupé, carine ma poco in linea coi concetti (e coi prezzi) dell’inossidabile ForTwo. L’ultimo esperimento in ordine di tempo è stato fatto proprio con quest’ultima, convertita nel 2020 alla sola trazione elettrica, col risultato di sparire o quasi dai radar delle classifiche di vendita.
Ora Smart riprova a cambiare, stavolta azzardando addirittura più che in passato e lasciandosi totalmente alle spalle i valori del modello primigenio. Un rinnovamento radicale, che ha una data di inizio ben precisa: 28 marzo 2019. Quel giorno il marchio Smart ha iniziato una “collaborazione strategica” coi cinesi del gruppo Geely, principali azionisti di Daimler (leggasi Mercedes-Benz), cui faceva capo Smart. Brand che adesso, invece, è di proprietà al 50% col colosso dell’auto della Repubblica Popolare.
Primo prodotto della cooperazione sino-tedesca è la #1. Design firmato Mercedes, base tecnica a trazione 100% elettrica by Geely. Assemblata in Cina, ha sembianze da crossover modaiola e, per certi versi, sembra potersi rivolgere pure al pubblico – prevalentemente femminile – rimasto orfano delle Mercedes Classe A di prima e seconda generazione, quelle formato monovolume compatto per intendersi. Se non altro per il prezzo: per la #1, che è lunga 4,27 metri, si parte da 41.650 euro, a cui vanno sottratti gli eco-incentivi statali (validi per auto elettriche dal prezzo massima di 42.700 euro).
Il listino dell’edizione Brabus, top di gamma? 48.150 euro secchi, anche se qui ci sono 2 motori elettrici, 428 CV di potenza e uno scatto da 0 a 100 km/h da soli 3,9 secondi. Traducendo i numeri in fatti, risulta evidente come le ambizioni del marchio e la clientela a cui lo stesso vuole rivolgersi siano distanti anni luce rispetto a quelli della Smart di illo tempore.
Fatte le suddette, necessarie, precisazioni veniamo alla domanda clou: come va la nuova #1? Molto bene, non c’è che dire: a tutte le consuete frecce all’arco di un’auto elettrica – l’estrema fluidità di erogazione, l’intrinseca silenziosità di marcia e il vigore della spinta, in questo caso assicurata dal motore da 272 CV, buoni per uno 0-100 km/h da 6,7 secondi – si aggiunge un comportamento dinamico davvero niente male: gran parte del merito va al baricentro basso del veicolo, garantito dalle batterie installate sotto al pianale. Ma fra gli addendi “aurei” dell’equazione dinamica della #1 figura pure la taratura di sterzo, pronto e diretto quanto basta.
Il risultato è che fra le curve la #1 sguscia via che è un piacere, cedendo poco a rollio e beccheggio – e assicurando, al contempo, un più che discreto filtraggio delle asperità stradali – e risultando in un bel mix di agilità e stabilità. L’autonomia può arrivare fino a 440 km omologati, col “serbatoio di elettroni” che si può ricaricare pure con la presa ultrarapida a 150 kW in corrente continua (e che riceve 22 kW in corrente alternata). Chiosa finale: la #1 è piacevole da vedere e da guidare e della Smart originale conserva solo il nome. È un’auto elettrica al passo con la migliore concorrenza e che beneficia di contenuti tecnici e tecnologici di livello. Gli stessi che hanno un costo. Salato. Che sposta il posizionamento di questa marca ben più in alto di dove (non) fosse fino a oggi. Che sia la volta buona che l’“operazione metamorfosi” vada a buon fine?