Da un po’ di giorni, ormai, si parla dell’invio a Kiev delle cosiddette bombe a grappolo (cluster bomb). Tale decisione è “giustificata” dal fatto che, come ha spiegato il sottosegretario americano alla Difesa, Colin H. Kahl, in un briefing, “vogliamo assicurarci che gli ucraini dispongano di artiglieria sufficiente per portare avanti la loro controffensiva che sta procedendo un po’ più lentamente di quanto alcuni speravano”. Dall’altra parte, però, c’è il segretario di Stato Antony Blinken che ha invece giustificato la decisione come necessaria per garantire la Difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa, dato che “le munizioni stanno finendo”. E analizzando le caratteristiche di questo tipo di armi, la seconda versione sembra la più plausibile: creare enormi campi minati permette di arginare l’avanzata del nemico, ma mette da parte l’ipotesi di un’avanzata.

La scelta di fornire anche questa tipologia di arma non ha lasciato indifferente gli Alleati europei, i quali ricordano a Washington che esiste la Convenzione di Oslo che sancisce, dal 2008, la messa al bando delle bombe a grappolo, prevedendo la proibizione dell’uso, produzione, commercio e stoccaggio delle bombe cluster, e che inoltre impegna i governi a distruggere gli stock esistenti negli arsenali militari. Gli Stati Uniti d’America, però, non l’hanno firmata. Infatti Blinken, nel corso di una intervista alla Nbc, vista la preoccupante situazione delle scorte di armamenti dei Paesi europei, ha pensato bene di sottolineare come l’invio delle cluster bomb sia ormai diventato indispensabile per consentire agli ucraini di continuare a difendersi dall’aggressione russa. Sentendo le dichiarazioni del diplomatico americano, quindi, si potrebbe ipotizzare che la controffensiva ucraina sia giunta a un punto morto e che, nonostante gli ingenti quantitativi di equipaggiamenti e di armamenti forniti dall’Occidente, gli ucraini non siano riusciti a conseguire risultati tattici significativi.

Una lettura che nasce dall’analisi delle caratteristiche stesse delle bombe a grappolo. Si tratta di ordigni concepiti per saturare (ovvero ricoprire) vaste zone di terreno per renderle impraticabili a un eventuale nemico. L’arma di interdizione d’area è di norma costituita da un distributore con un certo numero di submunizioni consistenti in piccole bombe o mine dotate di una o più tipologie di spolette. Queste ultime possono essere del tipo a effetto ritardato, per cui il submunizionamento diventa attivo solamente dopo un periodo di tempo predeterminato, oppure del tipo autodistruttivo, per cui l’ordigno è attivo non appena sganciato ma, trascorso un certo tempo preprogrammato, diventa inoffensiva (non vi è comunque certezza matematica).

Le cluster bomb possono essere impiegate nelle bombe d’aereo, nelle granate di medio e grosso calibro per gli obici d’artiglieria (155 e 203 mm) nonché dai razzi da 227 mm utilizzati dal sistema americano HIMARS. Fino a qualche anno fa i Paesi europei della Nato hanno impiegato dispenser di submunizionamento, agganciati ai cacciabombardieri Tornado IDS, quali il tedesco MW-1 (in dotazione anche all’Aeronautica Militare italiana) e l’inglese JP-233. A titolo di esempio, un singolo dispenser MW-1 era in grado di trasportare una combinazione di 4.500 piccole bombe a carica cava anticarro e antiuomo.

L’Usaf, l’Aviazione Militare americana, ha sviluppato, sulla scorta dell’esperienza del conflitto vietnamita, una vasta gamma di bombe a grappolo da poter impiegare come armamento per i cacciabombardieri. Un esempio sono le mine magnetiche anticarro BLU-91/B, concepite per essere sganciate ad alta velocità, al fine di interdire a una forza nemica l’accesso a una determinata area: va da sé che la suddetta area rimarrebbe interdetta anche per le forze che hanno impiegato tale sistema d’arma. È per questo che la fornitura di ordigni a grappolo, a un esame più approfondito, sembra la risultanza di un cambiamento tattico sul campo, in quanto gli ucraini avrebbero la necessità di interdire ai russi tratti del territorio che ancora controllano ma che una eventuale offensiva del Cremlino potrebbe mettere seriamente a rischio. Territorio, però, che diventerebbe impraticabile anche per le truppe di Volodymyr Zelensky.

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