Il futuro a idrogeno di Bosch, la multinazionale tedesca della fornitura nel segmento della mobilità (88,2 miliardi di fatturato nel 2022), è cominciato simultaneamente in Germania, a Feuerbach, il più vecchio stabilimento della società, e in Cina, a Chongqing.

Alle 11.25 di giovedì 13 i vertici dell’azienda – il Ceo Stefan Hartung, Markus Heyn, capo della divisione Mobility e Thomas Pauer, che guida la Powertrain Solutions – hanno simbolicamente pigiato sul pulsante rosso che ha fatto scattare la produzione in serie del fuel cell power module, il sistema destinato a venire montato su migliaia di veicoli industriali. Già entro il 2030 secondo Bosch un camion su cinque oltre le 6 tonnellate viaggerà a idrogeno. Fra questi ci saranno sicuramente quelli a marchio Iveco e Nikola. Una motrice del costruttore italiano di CNH Industrial pronta per la produzione di serie è in vetrina fuori dallo stabilimento, una “evoluzione” di quella esibita nel 2022 all’IAA di Hannover dedicata al veicoli commerciali, che però esibiva il logo del costruttore americano. È accreditata di un’autonomia di 800 chilometri grazie a cinque serbatoi che si possono rifornire in 20 minuti. Pesa fra le 3 e le 4 tonnellate in più rispetto a una a gasolio, a confronto della quale è anche più lunga (un asse in più) e leggermente più alta: il suo debutto sul mercato è previsto per la metà del prossimo anno.

Sulle lunghe percorrenze e con impieghi “pesanti”, Bosch non ha dubbi sull’efficienza dell’idrogeno. Hartung resta tuttavia “laico”: “Noi siamo dei tecnici – sorride – e non vogliamo chiudere le porte ad alcuna tecnologia. Sarà poi il mercato a decidere su quale puntare”.

Il numero uno di Bosch non è altrettanto accomodante con la politica, tedesca ed europea, estremamente ambiziosa negli annunci, ma non altrettanto efficace nelle azioni, che – rileva Hartung – sono talvolta perfino contraddittorie. La sua è una agenda di 4 punti: “Dobbiamo accelerare il ritmo della produzione di idrogeno nell’Unione Europea – avverte – abbiamo la necessità di creare catene di approvvigionamento globali e l’idrogeno deve essere utilizzato in tutti i settori dell’economia”. Inevitabile, poi, il richiamo ad una rapida estensione dell’infrastruttura per la distribuzione, la cui rete non deve nemmeno essere capillare come quella che serve per la ricarica.

Il problema non è tanto, o non solo, essere “H2 ready”, ma anche “H2 competitive”: “Dobbiamo chiederci – ammonisce Hartung – perché gli elettrolizzatori debbano anche fornire la prova dell’origine dell’elettricità verde che utilizzano, mentre non interessa affatto da dove provenga l’elettricità per le auto elettriche e le pompe di calore”. Per l’ad, l’Europa non solo non si fa un favore, ma si comporta anche in maniera discriminatoria. In ogni caso, l’idrogeno, a differenza dell’energia, si può stoccare e dal punto di vista delle strategie economico politiche è molto interessante.

Hartung rivendica le capacità di Bosch, una “delle pochissime aziende in grado di produrre in serie una tecnologia complessa come quella delle celle a combustibile”. Assieme a Heyn, numero uno della potente divisione Mobility, anticipa i 2,5 miliardi di investimenti dell’azienda entro il 2026: un miliardo in più rispetto al precedente piano. Parafrasando l’ex presidente Obama, Bosch fa capire che “yes, we can hydrogen”, settore nel quale occupa più di 3.000 persone, oltre la metà delle quali nel Vecchio Continente, e dal quale conta di avere ricavi per 5 miliardi con la fine del decennio.

Nel settore della mobilità la tecnologia fuel cell non è la sola, perché l’idrogeno può venire impiegato anche come combustibile e permettere di continuare a far sopravvivere i motori termici messi al bando dall’UE con il 2035. Il propulsore di serie griffato Bosch debutterà sul mercato già l’anno prossimo con un’efficienza attorno al 50%, paragonabile a quella di uno a gasolio, ma a emissioni zero su strada. Heyn dice che l’azienda ha in tasca contratti firmati per numerosi progetti “che coprono tutte le regioni del pianeta”. Quelli a celle a combustibile che Pauer conferma riguardano Iveco e Nikola, tra Europa e Stati Uniti, e Qingling Motors in Cina. Ma l’azienda ha già dozzine di intese a livello globale anche per la tecnologia meno costosa, quella dell’idrogeno applicato ai motori a combustione, la preferita in India, una delle nazioni con i maggiori margini di crescita. Da Bosch avvisano che non solo Cina, ma anche Stati Uniti, Medio Oriente e perfino Africa stanno dimostrando grande interesse verso l’idrogeno, mentre l’Europa appare ancora quasi refrattaria.

L’Italia dell’idrogeno è coinvolta nelle operazioni di Bosch grazie alla bresciana Omb Saleri, che fornisce componenti per i serbatoi (valvole).

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