Giorgio Anelli è un poeta. Il poeta innocente, che dialoga con il grande pensiero e gli scrittori che lo hanno formato in una devozione così desueta, fuori tempo, al punto da commuoverci o sgomentarci. Figura rara forse fragile, presumiamo, sbalzata dalla contemporaneità, nutrita dai versi della poesia immortale: Pasternak, la Cvetaeva, tra questi, e Rilke e Catherine Pozzi. Fino a scovarne rarissime corrispondenze e darle alle stampe, senza badare a sé, a un riconoscimento adeguato, un qualsiasi proscenio dove esercitare la frequentatissima palestra della vanità.
Giorgio Anelli dunque ha tradotto pagine intense, lettere destinate probabilmente a non raggiungerci mai. Esce per Giuliano Ladolfi, infatti, il carteggio tra Rilke e Catherine Pozzi con postfazione di Marilena Garis, studiosa rilkiana, con circa ventitré lettere che riguardano un solo anno, 1924-1925. Titolo del carteggio, tratto da una frase vergata della Pozzi, Non dimenticherò che mi avete teso la mano.
Il prezioso volumetto è il risultato dell’innocenza di cui si diceva. Anelli traduce senza tradire, dice. Al servizio, con umiltà. Incontra le ragioni se vogliamo, le origini delle lettere, della straordinaria triangolazione Rilke-Valery-Pozzi in uno studio di Curdin Ebneter, “…les deuxétres que je voudrais voir tous les jours…”. Ebneter è uno dei massimi esegeti di Rilke, Conservatore della Fondazione omonima. Ma il carteggio vero e proprio, inedito in Italia, Anelli lo incoccia nell’edizione francese, curata da Joseph Lawrence, Correspondance 1924-1925, pubblicato nel 1990 dalle edizioni La Différence.
La preziosità del materiale restituito dalla traduzione di Giorgio Anelli rifiorisce di dettagli inediti, il focus salvifico si concentra su personalità illuminate, tragiche, il cui genio diventa profezia perenne, non solo per i cultori delle belle lettere.
La Pozzi musa di Valery, creatura eterea, morta di tubercolosi ancora nel mezzo della sua passione per la vita, incontra la parola di Rilke, le lettere, nella stagione della malattia. “Ci troviamo di fronte a un incontro epistolare che si pone fin da subito in una dimensione altra, quasi fuori dal mondo – scrive la Garis nella postfazione – in una sorta di sogno a metà tra realtà e fantasia – in cui Catherine prega Rilke di collocarla – e su cui si gioca la chiusura della quinta lettera e la bellissima apertura della sesta”. Giorgio Anelli ha già affrontato riletture simili, più o meno, scrivendo spesso sulla rivista Pangea News diretta da Davide Brullo. Proprio con Brullo, di recente, ha dato alle stampe il libro Ottanta poetesse per Cristina Campo (Magog 2023).
La devozione sembrerebbe la parolina magica che identifica questo poeta contemporaneo, Giorgio Anelli, classe 1974, lettore abnegato, agito da vulnerabilità e ostinazione. Leggete i suoi versi (potete fare riferimento nello specifico alle sue raccolte poetiche, L’umana ferocia o Poesie dall’inferno, Bohemian poems, Una Stagione in paradiso, Lampi dall’esilio) e leggete le sue meditazioni (concedete il termine) su figure memorabili, come Cristina Campo, vedi il volume Cristina. Campo. Catabasi nel destino, sempre per Ladolfi editore.
Anelli, nato nel milanese, è egli stesso figura impalpabile, una specie di custode discreto, finanche di una vicenda letteraria lontana e prossima insieme, che raduna con la pazienza di chi coltiva un piccolo incantato giardino in attesa del germoglio della verità.