Lavoro & Precari

La mobilitazione dei rider nelle città italiane in solidarietà con i 3mila di Uber Eats lasciati a casa “con un semplice messaggio”

Si è svolta oggi la protesta dei rider in 10 grandi città italiane, mobilitazione decisa in solidarietà con i 3mila colleghi di Uber Eats, lasciati a casa dal gruppo americano con un semplice messaggio dopo la decisione dell’azienda di lasciare il mercato italiano. L’azienda ha attivato le procedure per il licenziamento collettivo soltanto per i 49 dipendenti diretti, i ciclo fattorini, per lo più non godono invece di alcuna tutela. “Chiediamo più tutele e più sicurezza, i rider non sono lavoratori di serie B – dice la segretaria nazionale della Nidil Cgil, Roberta Turi che ha partecipato al presidio in piazza Castello a Torino davanti al McDonald’s”.

La sindacalista ha aggiunto che i rider “Sono tanti anche se è difficile raggiungerli perché molti sono migranti e sono in una condizione di ricattabilità. Noi insistiamo sul fatto che devono essere considerati lavoratori come tutti gli altri invece Uber Eats ha aperto la procedura di licenziamento solo per i dipendenti diretti lasciando gli altri a casa senza nessuna tutela. E’ un lavoro faticoso e pagato poco. Arrivano a prendere – lavorando 7 giorni su 7 con circa 560 consegne – in un mese 1.500 euro lordi dai quali vanno tolti i costi della partita Iva e quelli del mezzo con il quale si spostano. Li trattano come fornitori ma sono lavoratori subordinati a tutti gli effetti. Il tentativo è di contrattualizzarli come è accaduto con Just Eat con l’accordo del settore della logistica”. Oltre che a Torino, i presidi si sono tenuti a Roma, Milano, Firenze, Reggio Calabria, Perugia, Napoli, Caserta, Padova e Trieste.

“A Napoli e in Campania i rider lavorano anche fino a 18 ore al giorno. Non permetteremo che Uber Eats vada via silenziosamente e difenderemo i diritti di questi lavoratori”, ha detto la segretaria generale di Nidil-Cgil Campania, Antonella Pacilio. Lo scorso aprile la piattaforma era stata condannata per comportamento antisindacale per non aver voluto svelare alla Cgil quali parametri utilizza il suo algoritmo per organizzare il lavoro e decidere a quali rider affidare i diversi incarichi.