Un manifesto di vicinanza al dolore della famiglia per la morte di Rosario Curcio, uno degli assassini di Lea Garofalo, colui che sciolse nell’acido il corpo della collaboratrice di giustizia sequestrata e uccisa per essersi ribellata alla famiglia ‘ndranghetista. Lo ha pubblicato l’amministrazione comunale di Petilia Policastro, la cittadina del Crotonese di cui entrambi erano originari, in occasione dei funerali di Curcio, condannato in via definitiva all’ergastolo nel 2014 per l’omicidio di Garofalo e morto suicida lo scorso 29 giugno. “Il sindaco Simone Saporito e l’amministrazione comunale partecipano al dolore che ha colpito la famiglia Curcio per la perdita del caro congiunto” è la frase riportata sul manifesto del Comune, che nel processo peraltro è stato parte civile.
Il sindaco giustifica l’iniziativa: “Come amministrazione comunale abbiamo fatto un accordo con le agenzie di pompe funebri per fare i manifesti di vicinanza per tutti i funerali che si celebrano in città. L’opportunità di fare il manifesto è in effetti opinabile, ma noi abbiamo fatto il manifesto a tutti. Perché a lui no? Davanti alla morte si è tutti uguali. Sarebbe stata una discriminazione al contrario non farlo”, dice. Ma dal Pd arriva una dura condanna: “La provincia di Crotone non merita amministratori che gettano discredito sull’intera Regione. A nome di tutta la comunità democratica crotonese e calabrese chiedo le immediate dimissioni del sindaco e della giunta comunale”, dice il segretario provinciale Leo Barberio.
E sulla vicenda interviene anche la sottosegretaria all’Interno di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, calabrese: “L’iniziativa del sindaco di Petilia Policastro di partecipare a nome dell’amministrazione comunale al lutto per la morte di uno degli assassini di Lea Garofalo è inaccettabile. La mafia vive di simboli, e i manifesti funebri fatti affiggere dal sindaco rappresentano un inchino delle istituzioni alla memoria di Rosario Curcio, condannato all’ergastolo in via definitiva per aver partecipato all’omicidio e alla distruzione del cadavere di Lea, punita per essersi ribellata ad un destino di ‘ndrangheta. No, Lea Garofalo e l’uomo che bruciò il suo corpo per farlo sparire non sono uguali, neppure davanti alla morte. Chi rappresenta le istituzioni deve scegliere sempre da quale parte stare. Il sindaco ha mostrato di scegliere la parte sbagliata“.