Esce dal carcere dopo 5 mesi il medico di Matteo Messina Denaro, Alfonso Tumbarello. Era stato arrestato lo scorso 7 febbraio con l’accusa di concorso esterno e falso ideologico per avere “personalmente visitato” Messina Denaro, all’epoca latitante, e avere firmato 137 richieste di visite specialistiche e di farmaci a nome di Andrea Bonafede, l’identità usata dal boss nei due anni precedenti al suo arresto, lo scorso 16 gennaio. La richiesta di scarcerazione avanzata dai legali di Tumbarello, Gioacchino Sbacchi e Giuseppe Pantaleo, è stata accolta dal gip Alfredo Montalto per limiti di età: il prossimo 9 dicembre il medico compirà 71 anni. Residente a Campobello di Mazara, iscritto alla loggia Valle di Cusa (dalla quale è stato poi sospeso), Tumbarello è stato candidato nel 2006 alle regionali nelle file dell’Udc, nella lista che poi vide trionfare Totò Cuffaro per la seconda volta alla presidenza della Regione, ed è stato anche consigliere provinciale a Trapani per dell’Udc, sostenuto dall’ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia, per due anni il medico di base ha garantito le cure del latitante a carico del sistema sanitari pubblico. Le prestazioni di Tumbarello “sono state indispensabili nel corso degli ultimi due anni – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare dello scorso 7 febbraio, firmata da Montalto – per consentire al latitante di essere curato e assistito dalle diverse strutture sanitarie pubbliche che lo hanno preso in carico, oltrechè per ottenere i farmaci la cui somministrazione è stata necessaria per la sua attuale sopravvivenza”. Nella richiesta di ricovero del 5 novembre del 2020, Tumbarello aveva perfino scritto “di aver eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente, che già aveva eseguito una colonscopia ed era in cura farmacologica, sollecitandone il ricovero” ricovero cui faceva seguito “a distanza di pochi giorni, l’intervento chirurgico del 13 novembre 2020” a Mazara del Vallo.
Dopo il primo intervento, Tumbarello ha firmato altre richieste di esami chiave, come la timoscintigrafia globale corporea (Pet) dell’11 gennaio 2021 presso il poliambulatorio di Mazara del Vallo, o ancora l’esame di mutazione Dna con reazione polimerasica a catena e l’estrazione di Dna o Rna, volto a conoscere la natura del tumore e svolto il 28 gennaio 2021 presso la Casa di Cura “La Maddalena”, la clinica dove continuerà le cure e dove il 16 gennaio scorso è stato rintracciato dopo 31 anni di latitanza il boss di Castelvetrano (le prescrizioni del medico si fermano al 9 dicembre del 2022, giorno in cui entra in pensione). Prescrizioni che erano state fatte tutte a nome di Andrea Bonafede (classe ’63), col quale, però, Tumbarello non aveva scambiato nessun messaggio nei due anni di cure tumorali, nonostante i due si conoscessero bene.
Ad aggravare la situazione di Tumbarello anche la versione di Bonafede. Quest’ultimo lo scorso 17 gennaio, ha infatti dichiarato davanti al gip Montalto di essere andato lui stesso di volta in volta a ritirare le prescrizioni nello studio del medico. Una versione subito smentita dalle dichiarazioni della segretaria di Tumbarello che ha invece detto di non averlo mai visto, mentre a ritirare le prescrizioni in studio era il cugino omonimo, Andrea Bonafede (classe ’69), anche lui arrestato lo scorso 7 febbraio assieme al medico. Tumbarello aveva anche un legame con Salvatore Messina Denaro, fratello del boss, stando a quanto dichiarato dall’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino, durante il processo a Vincenzo Panicola (parente di Matteo Messina Denaro e accusato di associazione mafiosa). Era stato grazie a loro – ha raccontato Vaccarino – che era avvenuto lo scambio di pizzini tra l’ex sindaco (quest’ultimo per conto del Sisde aveva cercato il contatto) e Matteo Messina Denaro, in quel momento già latitante da 10 anni. Vaccarino aveva incontrato Salvatore Messina Denaro nello studio di Tumbarello per avviare lo scambio di messaggi con il boss di Castelvetrano. Il medico 71enne, adesso ai domiciliari, ha negato di essere stato a conoscenza che le ricette mediche fossero in realtà indirizzate al latitante.