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30 anni fa l’omicidio (irrisolto) di Mara Calisti: “il delitto della porta chiusa”, un crimine senza testimoni e dai molti dettagli inquietanti

È un crimine senza testimoni, che avviene in una camera da cui non si può entrare né uscire

di Alessandra De Vita

15 luglio 1993, sono quasi le quattro di notte. In un appartamento al terzo piano di Todi (in provincia di Perugia), in via Angelo Cortesi, una giovane donna si trascina esangue nel corridoio di casa. “Babbo, guarda cosa mi hanno fatto”: sono le ultime parole che dirà al padre prima di cadere, alle tre e 45 esatte, con un tonfo sul pavimento. Poco dopo il papà inizierà a chiedere aiuto disperatamente ai vicini ma ormai è troppo tardi. La vittima è Mara Calisti, protagonista suo malgrado di quello che è stato definito “il delitto della porta chiusa” che indica anche un genere letterario noir. È un crimine senza testimoni, che avviene in una camera da cui non si può entrare né uscire. In questo caso, un corridoio buio e vuoto.

Chi è Mara

Mara ha 36 anni, è una ragazza molto conosciuta nella piccola città in cui vive e lavora. Hai capelli arruffati, è di piccola statura, se ne va in giro con jeans e sneakers il più delle volte. È forte e sicura di sé e ha tante passioni: è iscritta al Cai, canta in un coro, ha militato nel Pci non senza entrare in contrasto con i vertici. Ha lasciato l’Università per lavorare, è fortemente indipendente. Vuole trasferirsi a Perugia. Intanto, lavora come segretaria in uno studio legale e arrotonda in una ditta di pulizie. È contenta, piena di vita. Ha una sorella, Rita. Ama molto i suoi nipoti. Non è fidanzata, non ufficialmente almeno. Ha frequentato per un periodo un uomo 20 anni più grande di lei, sposato. Il giorno prima di venire ammazzata dice a un’amica che incontra sul corso: “Vado fuori con il mio amore”. L’uomo nega la relazione e ha un alibi: quella sera è a casa con la moglie e un po’ di amici.

Il delitto

Il 15 luglio è un giorno qualunque. Mara va a lavorare, rientra dopo le otto. A casa c’è soltanto suo padre, gli altri sono in vacanza in campagna. Suo padre prepara la cena, mangiano insieme. Poi li raggiunge una vicina, Maria Letterini, il padre esce, va a trovare una cognata. Mara e la sua amica rimangono da sole a vedere la tivù. Alle 20,30 squilla il telefono, Mara mette giù subito. A mezzanotte suo padre rientra e vanno entrambi a dormire, li separa quel corridoio. All’una e mezza l’uomo si sveglia per bere un po’ d’acqua, attraversa il corridoio, lei dorme tranquilla o almeno così sembra. All’1,30 rientra l’ultimo condomino della palazzina, tutto sembra sereno. Alle 3 il signore del piano di sotto si sveglia: nessun rumore. Alle 3,41 un ragazzo scende giù per fumare una sigaretta, soffre d’insonnia. Alle 3,45 il signore del piano di sotto ai Calisti sente il tonfo: Mara è già a terra. Poi le grida del padre. Chi l’ha ferita a morte, recidendole l’aorta in due punti con un solo colpo, non voleva ucciderla o avrebbe continuato a colpirla. L’arma del delitto potrebbe essere un coltello o un cacciavite che l’ha penetrata per otto centimetri. Il ragazzo insonne corre a chiamare il 113 dalla la cabina più vicina.

Le piste

Da dov’è scappato l’assassino? Nessuno l’ha incrociato all’uscita della palazzina. Questo delitto sembra compiuto da un fantasma. La porta di casa è chiusa e non c’è segno di effrazione. È stata Mara a fare entrare in casa il suo assassino? Perché lo ha accolto con addosso solo la lingerie e una collana di corallo massiccia a cinque fili? Chi è salito senza bussare forse è la stessa persona che ha telefonato a casa alle 20,30? Mara potrebbe averle dato un appuntamento, assicurandosi che il padre si addormentasse prima. L’esame legale però attesta che la donna non ha avuto rapporti. Com’è entrato in casa il suo killer? Mara ha lanciato a qualcuno le chiavi di casa? Le sue vengono ritrovate dove le aveva lasciate. Aveva un altro mazzo? Alle 2.30 un vicino sente il rumore di un oggetto metallico che cade nel cortile del palazzo. Poco prima del tonfo, la vicina del piano di sotto viene svegliata da qualcuno che inavvertitamente suona due volte il suo campanello. Forse cercava l’interruttore della luce. Tutti enigmi senza una sola risposta. Potrebbe anche trattarsi di un ladro, sorpreso dalla ragazza. Appena due giorni prima a casa Calisti hanno fatto un trasloco. Qualcuno potrebbe pensare che la casa sia vuota. Viene indagato anche il padre Mario Calisti ma manca il movente; nessuno nel palazzo li ha sentiti litigare. Poi perché, una volta ferita a morte, Mara avrebbe dovuto trascinarsi verso la stanza del padre accendendo la luce (come testimoniano le macchie di sangue sull’interruttore) per chiedergli aiuto? Nel 2001 Mario Calisti viene prosciolto. Muore quattro anni dopo.

Dettagli inquietanti

Nessuno ha incrociato l’assassino lungo le scale affollate della palazzina. Sarà fuggito dall’uscita sul retro che porta su un muretto. Lo si scavalca è subito dietro c’è un hotel. Alle 3.30 due clienti dell’albergo rientrano e vedono un’auto bianca ferma per strada con due individui dentro, sembrano aspettare qualcuno. Sono i complici del killer di Mara? Dopo l’omicidio di Mara arriva uno strano messaggio sulla segreteria dello studio legale in cui lavorava: “Il mistero della sua morte è legato ai corsi d’arte per la terza età che stava frequentando come volontaria”. Pare inoltre che la donna negli ultimi tempi veda un altro uomo, tra i 30 e i 40 anni, con i capelli ricci e un’auto scura. La sua identità è ignota a tutti. Il mistero della morte di Mara Calisti è ancora intrappolato in quel corridoio di una palazzina di Todi, piccola città su cui trent’anni fa è calata l’ombra di un crimine assurdo e impenetrabile.

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