Da un lato i dodici condoni inseriti nella legge di Bilancio e lo scudo penale per gli evasori condannati in primo grado, dall’altro l’intenzione – confermata nella delega fiscale – di consentire il pieno utilizzo dei dati dei contribuenti per le analisi del rischio di evasione. A parole l’invocazione di una nuova “grande e definitiva pace fiscale“, nei fatti la previsione di automatizzare il pignoramento dei conti correnti per facilitare la riscossione. È piena di ambiguità e contraddizioni la politica fiscale del governo Meloni, che strizza l’occhio agli elettori secondo cui le tasse sono una sorta di abuso ma al tempo stesso ha le mani legate dagli obiettivi del Pnrr sulla riduzione del tax gap. E così, mentre la premier si scaglia contro il “pizzo di Stato“, le Entrate stanno – fortunatamente – già sfruttando le informazioni presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari e quelle che arrivano dalle fatture elettroniche per individuare grazie un algoritmo le posizioni sospette da controllare con buona probabilità di riscuotere qualcosa.
“Arriva il Grande fratello fiscale. Lo Stato guardone saprà in tempo reale cosa compra e cosa fa ogni singolo cittadino”, tuonava Meloni nel novembre 2018 quando il governo Conte 1 consentì anche alla Finanza di accedere all’Archivio, che contiene saldo iniziale e finale, valori medi e movimentazioni di cc e conti deposito. Ma lo scorso 19 maggio, con il benestare del Mef da cui è vigilata, l’Agenzia guidata da Enrico Maria Ruffini ha pubblicato sul proprio sito una “informativa sulla logica sottostante i modelli di analisi del rischio” basati proprio su quei dati. Che dalla scorsa estate, dopo il molto atteso e tormentato via libera del Garante per la privacy, possono essere incrociati con le altre banche dati a disposizione per individuare criteri di rischio utili per individuare i potenziali evasori.
Leggendo l’allegato tecnico si scopre tra l’altro che gli uffici dell’Agenzia sono affiancati, nella selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, da un algoritmo di ottimizzazione che consente di ordinarle in base alla priorità. Come funziona? L’algoritmo è stato addestrato partendo dai dati su contribuenti già controllati, che hanno permesso di individuare le informazioni che “predicono” il probabile esito dell’istruttoria. Usando quegli indicatori, l’algoritmo è in grado di preparare una lista di nominativi da segnalare alle direzioni provinciali responsabili dei controlli. Il documento preparato dal settore Analisi del rischio della Divisione contribuenti contiene anche un esempio pratico in cui a finire sono i commercianti, categoria da sempre coccolata dalla maggioranza che lo scorso anno ha tentato di esentarli dall’obbligo di accettare pagamenti con il pos sotto una certa cifra – salvo essere costretta a una clamorosa marcia indietro dopo l’intervento della Commissione europea.
Il commercio al dettaglio è un ambito “tipicamente caratterizzato da elevati margini”, notano le Entrate. Ecco perché per individuare i probabili evasori vengono selezionati i contribuenti che hanno una differenza tra ricavi e costi molto contenuta e che dichiarano un valore aggiunto molto esiguo rispetto al numero di dipendenti e profitti inferiori al decimo percentile, cioè molto bassi rispetto ai concorrenti. Nell’ambito di questa platea vengono poi individuati i soggetti che nello stesso anno hanno visto il proprio conto corrente lievitare di una cifra superiore di almeno il 150% ai ricavi dichiarati e pari ad almeno 300mila euro, a meno che l’improvvisa fortuna non sia giustificata da donazioni, eredità o vendita di immobili. Il risultato è un elenco di contribuenti che con elevata probabilità hanno cercato di nascondere qualcosa al fisco. L’algoritmo applica a quel punto un modello che sulla base di molte variabili (dall’età al reddito passando per gli accertamenti già ricevuti) attribuisce a ogni posizione la probabilità che il contribuente si attivi versando il dovuto o contestando l’accertamento e quella speculare che non faccia nulla e che l’Agenzia iscriva quindi a ruolo le somme dovute.
Alla fine del percorso di analisi, ai funzionari viene fornito “un unico indicatore che, misurando il “valore” di ciascuna posizione in termini di rischiosità e proficuità, può essere utilizzato per assegnare un ordine di priorità alle posizioni stesse e ottimizzare il processo di calendarizzazione delle attività di controllo”. Con altri modelli possono essere condotte analisi che partono da altre informazioni a disposizioni delle Entrate, come i costi per le materie prime che devono essere compatibili con i ricavi dichiarati o anomalie nel numero di accessi alle cassette di sicurezza, nella frequenza dell’apertura e chiusura di conti, nell’incremento del patrimonio in un solo anno. Spetterà poi all’amministrazione, ovviamente, decidere come utilizzare quelle informazioni: non è prevista “in alcun modo”, specifica l’informativa, “l’emanazione di provvedimenti impositivi nei confronti di contribuenti selezionati mediante procedure totalmente automatizzate”. Resta il fatto che si tratta di misure che la leader di Fratelli d’Italia, ancora nel febbraio 2022, descriveva come “vessazioni del governo contro i cittadini italiani con la scusa della lotta all’evasione fiscale”.