Il 14 luglio il presidente turco Erdogan, annunciando una prossima visita dell’omologo russo ad Ankara, aveva dichiarato che Vladimir Putin era favorevole a un’ulteriore proroga dell’accordo sul grano. Un’intesa che in questi mesi ha permesso le esportazioni del cereale verso l’Africa, che conta sulla derrate provenienti dal Mar Nero per fare fronte ai suoi bisogni alimentari. Eppure oggi 17 luglio quell’accordo è scaduto e la Russia non si è ancora pronunciata sul rinnovo, dopo la partenza dell’ultima nave da Odessa domenica 16 luglio. Finora l’intesa tra Ankara, Mosca, Kiev e Onu era stata regolarmente prorogata, ma questa volta il Cremlino non si è speso in alcuna dichiarazione che chiarisca inequivocabilmente quali saranno le prossime mosse. Non solo: la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova ha aggiunto che “Mosca ha notificato ufficialmente ad Ankara, a Kiev e al Segretariato delle Nazioni Unite la sua obiezione all’estensione dell’accordo sul grano”.
E così resta il punto interrogativo su un accordo centrale per scongiurare una crisi alimentare che sarebbe devastante negli equilibri geopolitici e che avrebbe ripercussioni enormi soprattutto sull’Africa, che dipende dalle esportazioni di cereali ucraini per sopravvivere. Se Mosca non rinnoverà l’accordo sul grano ucraino “il prezzo lo pagheranno i Paesi in via di sviluppo”, ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken da Giacarta. Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani guarda soprattutto alle conseguenze per il continente europeo: senza intesa “si aggraverebbero problemi sociali e un incremento dei flussi migratori” dall’Africa, ha detto il titolare della Farnesina che “sostiene la mediazione turca”. Con l’augurio che “a Mosca prevalga il buon senso e si capisca che le popolazioni africane non hanno nulla a che fare con lo scontro nell’Europa orientale”.
Finora, nonostante lo scontro di dichiarazioni e dopo intensi negoziati, l’accordo è stato sempre prorogato all’arrivo di ogni scadenza. Ma stavolta raggiungere una quadra sembra essere più difficile per un’intesa che “non esiste”, secondo le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. Da tempo Mosca denuncia infatti che se la parte ucraina dell’accordo viene applicata, quella russa sarebbe stata finora disattesa: tra le richieste russe, la rimozione dell’export di grano, beni russi e fertilizzanti dalla lista delle sanzioni e la riconnessione al circuito Swift della banca agricola Rosselkhozbank, punti contenuti in un memorandum con l’Onu che ha accompagnato la firma dell’accordo del Mar Nero.