Alla Camera dei deputati siamo giunti alla stretta sulle proposte di legge, in Commissione Giustizia, relative all’inasprimento delle pene per occupanti. Si era partiti con l’affrontare le questioni relative alle odiose occupazioni di prime case abitate da proprietari, momentaneamente libere per esempio per vacanze o per motivi di salute, in realtà un numero minimo ma soggette ad una martellante campagna mediatica.

Ora gli emendamenti sia di maggioranza che del relatore hanno svelato pienamente il vero obiettivo: quello di far diventare le occupazioni come una questione di solo ordine pubblico, anzi di più, di puro approccio repressivo. Questo senza tenere conto del contesto sociale e della assoluta insufficienza cronica di alloggi sociali e di sostegni pubblici per i precari della casa.

In questo modo la proposta di legge in esame – a firma della deputata leghista Ingrid Bisa Atto 566 – oltre al già ambiguo, previsto intervento di arresto immediato e di conseguente pena da 2 a 7 anni per chi occupa un “domicilio altrui”, ha portato questi ad una definizione molto più ampia di “occupazione o detenzione illegittima di alloggio altrui”.

Qui non siamo più nella odiosa e inaccettabile casistica del povero proprietario che si ritrova con la prima casa di abitazione occupata perché andato in ospedale o a trovare momentaneamente i nipoti, siamo all’allargamento a dismisura delle casistiche, nelle quali potrebbero entrare anche gli sfrattati, che a seguito di sentenza esecutiva e non uscendo nei termini previsti dal giudice, oggettivamente possono essere definiti soggetti che detengono illegittimamente un alloggio altrui e in questo caso non l’abitazione principale del proprietario.

Si tratta di tematiche molto delicate che non possono e non devono essere affrontate solo con un ghigno giustizialista che semmai aggrava il contesto nel quale si dovrebbero attuare queste norme eventualmente approvate.

In questo modo, la norma non si applica più, quindi, a una singola fattispecie, estremamente limitata, di occupazioni di alloggi in cui ha il domicilio un’altra persona, momentaneamente assente. E’ generalizzata a tutte le occupazioni per necessità di immobili pubblici o privati vuoti, spesso abbandonati o in disuso, fino ad estenderla a famiglie con sfratto esecutivo. Solo per promemoria voglio ricordare che in Italia abbiamo circa 100.000 sfratti in esecuzione e sono 50.000 le case popolari occupate senza legittimo titolo. Una applicazione feroce di quanto previsto dal testo base e di quello che sarebbe con gli emendamenti proposti, tenendo conto solo di questi due dati, dovrebbe allarmare per le ricadute sulla coesione sociale del Paese. Questo senza tacere sulle ricadute sulle forze dell’ordine, sui tribunali e sui comuni che si troverebbero a gestire complicate situazioni di ordine pubblico.

Eppure sul testo in esame in commissione Giustizia, le note negative non si fermano qui. Con la proposta di legge (art.7), si introduce un potere alle forze dell’ordine, talmente ampio, che si configura come una norma da “stato di polizia”. Si prevede, infatti, che le forze dell’ordine intervengano direttamente, su denuncia del proprietario, per l’accertamento dei fatti, l’irruzione nell’alloggio e il conseguente sgombero e arresto degli occupanti. Solo successivamente, gli organismi giudiziari intervengono per verificare e convalidare tali interventi. Un emendamento del relatore aggiunge una norma (art. 4 bis) che impone il distacco delle utenze (acqua, luce, gas, riscaldamento) “entro 14 giorni” su semplice denuncia, con la sola necessità del parere favorevole del Procuratore della Repubblica, senza nessuna sentenza dell’autorità giudiziaria. Di particolare gravità l’art. 6 che stabilisce l’applicazione di una pena da 6 mesi a 5 anni di carcere a carico di chi resiste, anche passivamente, allo sgombero, colpendo non solo gli occupanti per necessità ma anche gli attivisti dei diritti umani che intervengono a protezione del diritto alla casa.

L’iter della proposta di legge ha sollevato grande allarme tra le organizzazioni sociali e L’Unione Inquilini ha promosso un appello alle organizzazioni sociali, del volontariato, a tutta la società civile, alle autorità locali e alle forze politiche progressiste.

Un appello, che dice No alla Pdl Bisa, a prima firma di Silvia Paoluzzi, dell’esecutivo nazionale Unione Inquilini, in sole 48 ore ha visto un ampio numero di adesioni, e tra queste quelle di: Giuseppe De Marzo di Libera; Alex Zanotelli; Angela Ronga della Casa internazionale delle donne; Alberto Campailla Nonna Roma; docenti universitari come Carlo Cellamare, del Movimento di lotta per la casa di Firenze, Bruno Papale presidente della Coop. “Inventare l’abitare”, urbanisti come Paolo Berdini, degli studenti universitari di Link, giornalisti come Sarah Gainsforth, forze politiche della sinistra, Stefano Zuppello presidente di Verdi Ambiente e Società, Sabina de Luca Forum Disuguaglianze; Nunzia De Capite Caritas e Misha Maslennikov, Oxfam.

Governo e maggioranza, invece di affrontare i nodi strutturali della sofferenza abitativa, investendo sull’edilizia residenziale pubblica e rifinanziando i fondi per le famiglie in difficoltà, che hanno azzerato, si accaniscono così in una nuova caccia contro i poveri. Fermiamoli.

Qui l’appello e le adesioni alle ore 12.00 di lunedì 17 luglio 2023

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