L’ondata di caldo torrido spinge a lanciare nuovi allarmi sulle rese delle colture nei campi e sui prezzi allo scaffale. Ma gli effetti del caldo non possono essere letti da soli, perché arrivano dopo una lunga serie di difficoltà legate a periodi siccitosi e maltempo. Discorso a parte per l’Emilia Romagna, dove si coltiva l’8% della frutta italiana e circa il 13% del grano tenero e dove si continua a fare i conti anche con i danni dell’alluvione. Le ondate di calore, invece, hanno portato a un accordo tra sindacati per cambiare gli orari della giornata lavorativa per i braccianti, dando la possibilità di anticipare i turni a prima delle sei del mattino o di spostarli dopo le 22, anche se c’è chi già si era portato avanti, come il presidente della Regione Calabria, che una settimana fa ha firmato un’ordinanza che vieta il lavoro agricolo nelle giornate più calde, fino al prossimo 31 agosto. E mentre lo Spisal, Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro stila un vademecum, con una serie di consigli per prevenire malori, come quello di garantire zone ombreggiate e pause, in Assemblea nazionale Coldiretti parla “di un taglio del 10% della produzione di grano nelle campagne, mentre il raccolto di miele è sceso del 70% rispetto allo scorso anno”. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Vincenzo Lenucci, direttore Politiche di Sviluppo Economico delle Filiere Agroalimentari di Confagricoltura “il calo di produzione dei cereali, che è un problema anche a livello europeo (si stima un calo del 20%), non è un fenomeno circoscritto a queste ultime due o tre settimane di caldo feroce, ma è dovuto a varie instabilità e avversità, per non parlare delle alluvioni che hanno interessato alcune aree del nostro Paese”. Insomma, una serie di ostacoli, tra cui la pioggia tardiva, che hanno accompagnato tutto il ciclo produttivo da gennaio a oggi.
Si cerca di correre ai ripari – Ed ora, nella morsa del caldo, gli agricoltori cercano di fare fronte all’ennesima emergenza, per esempio cercando di garantire ombra ai prodotti, dato che le scottature da caldo danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili. Come spiega Coldiretti “si cerca di anticipare il raccolto quando possibile, diradando i frutti sugli alberi ed eliminando quelli non in grado di giungere a maturazione, per cercare di salvare almeno parte della produzione”. Ma non è facile. Perché proprio a causa del caldo torrido, le operazioni agronomiche e di raccolta devono essere sospese nelle ore più bollenti per tutelare la salute dei lavoratori. Impossibile, poi, lavorare nelle serre.
Le colture più a rischio – Nelle campagne, racconta Coldiretti, gli agricoltori sono costretti a ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare i raccolti in sofferenza per le alte temperature, dagli ortaggi come le melanzane al mais, dalla soia al pomodoro poiché con le temperature superiori ai 35 gradi anche le piante sono a rischio colpi di calore e stress idrico che compromettono la crescita della frutta sugli alberi, bruciano gli ortaggi e danneggiano i cereali. In questi giorni, però “è stato già raccolto l’85% dei cereali a paglia, ossia frumento duro, frumento tenero e orzo” spiega a ilfattoquotidiano.it Riccardo Calabrese, che per Confagricoltura segue le produzioni di cereali alimentari e foraggi, riso, zucchero e sementi. “Con il caldo estremo di una settimana il problema è che si dovrà irrigare di più. Questo è ancor più vero per il mais. In generale, anche le altre colture possono andare in sofferenza – aggiunge – ma è una situazione che si può superare fin quando parliamo di qualche altro giorno di caldo record”. Altra coltura da tenere sott’occhio è la barbabietola da zucchero. Sopra i 30 gradi la pianta non accumula più zucchero: “Può resistere una settimana – spiega Calabrese – così come altre colture. Discorso diverso si porrebbe se il caldo di questo giorni dovesse continuare”. Coldiretti lancia l’allarme, poi, su frutta e verdura che rischia di ustionarsi nei campi, segnalando perdite dall’uva ai meloni, dalle angurie alle albicocche.
La situazione nelle stalle – Coldiretti stima che il caldo afoso abbia poi tagliato del 10% la produzione di latte delle mucche stressate dall’afa. Nei pollai, si registra un netto calo della produzione di uova, mentre le api stremate dal caldo hanno smesso di volare e non trasportano più nettare e polline. La produzione di latte è scesa di oltre il 10% per le mucche nelle stalle mentre le pecore, sottolinea la Coldiretti, sono costrette a migrare in altura per cercare pascoli verdi. “Nelle stalle sono in funzione a pieno ritmo ventilatori e doccette refrigeranti – racconta Coldiretti – per salvaguardare le mucche che, a causa dell’afa mangiano poco, bevono fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 litri di periodi normali e producono di meno visto che per loro il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi”.
Dall’Emilia alla Lombardia – E se le difficoltà si vivono in diverse regioni, l’Emilia Romagna, in particolare, fa i conti con un anno nero. Difficile persino riuscire a differenziare quelli che sono i danni alle colture da caldo e quelli dovuti al disastro provocato dall’alluvione. Ricordando il ruolo centrale della regione, specialmente per cereali e frutta, Lenucci, ricorda il ruolo deleterio dell’alluvione: “Il problema non è solo di resa di un anno, soprattutto per la frutta, ma è in prospettiva, dato che interi frutteti sono stati spazzati via e quindi c’è il rischio di non produrla proprio più quella determinata varietà”. Salendo più a Nord, Oscar Scalmana, vicepresidente Confagricoltura Brescia e presidente Agridifesa Italia spiega: “L’allarme siccità a marzo ha già condizionato l’assegnazione delle colture, per cui abbiamo assistito a una riduzione del mais, fondamentale per garantire l’alimentazione degli animali, a favore di frumento e cereali autunno vernini”. Per Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana, “il vero grande problema per i raccolti è la mancanza di acqua. Ecco perché è essenziale l’approvvigionamento idrico per le aziende agricole” commenta, ricordando che “le colture estive, come i pomodori ad esempio, hanno sì bisogno del caldo ma soprattutto dell’acqua”. Secondo Neri “il vero nodo sono gli invasi a cui le aziende possono fare affidamento per irrigare le colture”. E aggiunge: “I grandi invasi sono l’unica soluzione di sistema. Allo stesso tempo serve tutto un reticolo di piccoli invasi aziendali”. La Regione si è mossa predisponendo un piano dettagliato, adesso servono risorse adeguate da parte del Governo. Il problema non è più rinviabile”.
La preoccupazione per i prezzi – E si teme per i prezzi di frutta e verdura, che già hanno fatto i conti con il maltempo dei mesi scorsi. I prezzi, infatti, sono saliti insieme alla domanda dei consumatori. In media, per la frutta si è registrato un aumento del 7,8% a giugno rispetto allo stesso mese dello scorso anno, mentre c’è stata una vera e propria impennata per la verdura, i cui prezzi sono aumentati del 17,4%, come indicano le elaborazioni della Coldiretti su dati Istat. “I prezzi di frutta e verdura in media triplicano dal produttore al consumatore e i centesimi di aumento che si sono verificati nei campi per il maltempo sono diventati euro al consumo” spiega Coldiretti. Come sottolinea Lenucci di Confagricoltora, “il calo delle produzioni, dovrebbe determinare un aumento dei prezzi” ma il problema è che “il consumatore paga di più, ma l’agricoltore non viene pagato in proporzione”.