“Facite ammuina”, espressione napoletana di incerta genesi, usata comunque per dire di fare confusione in modo da far sembrare che si sta facendo davvero qualcosa. È più o meno quello che sta facendo l’Associazione bancaria italiana di fronte all’emergenza di rate che si impennano e mutuatari costretti a tirare la cinghia fino a soffocarsi. L’ultima iniziativa dell’Abi è strutturata in tre mosse, tutte di forma più che di sostanza. La prima, come riporta oggi Il Sole 24 Ore, è l’allungamento della durata del mutuo. Così facendo si può bloccare (non ridurre) il costo delle singole rate che però diventano di più. Visto che il prestito è più lungo, il costo complessivo finale degli interessi sale. Più che una ciambella lanciata a clienti in difficoltà sembra l’approfittarsi di uno stato di necessità. La seconda riguarda soggetti particolarmente in difficoltà come i lavoratori in cassa integrazione. Il pagamento della rata può essere temporaneamente sospeso mentre gli interessi vengono versati dal fondo Gasparrini, operativo già dal 2013. Beninteso, nessuno regala niente. I pagamenti vengono solo momentaneamente sospesi, poi si riprende a pagare da dove si era smesso. Infine l’Abi contempla la possibilità di ampliare leggermente la platea di chi ha diritto di poter convertire il mutuo da tasso variabile a fisso se presenta un Isee al di sotto dei 35mila euro annui e un prestito fino a 200mila euro. Il ritocco potrebbe alzare l’asticella a 45mila euro da Isee.
Beninteso, chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile ha beneficiato sino a qualche tempo fa di rate particolarmente vantaggiose in virtù di un costo del denaro sui minimi storici. Con questo tipo di prodotto si sceglie consapevolmente di accollarsi il rischio che le cose possano cambiare. Tuttavia è vero che con stipendi sempre più risicati e prezzi degli immobili che, almeno in alcune grandi città, continuano a salire, per alcune famiglie quella del variabile si è presentata come l’unica opzione percorribile. Peggio ancora ci sono casi in cui i clienti sono stati mal consigliati. Inoltre il rialzo dei tassi è stato particolarmente veloce, in un solo anno la Banca centrale europea lo ha portato da 0,5% a 4%. A titolo di esempio una rata che nella primavera del 2022 era di 500 euro, ora ne costa quasi 900. Non è colpa delle banche ma, come è nella logica delle cose, gli istituti di credito stanno avendo grandi benefici da questa evoluzione. Anche perché mentre gli interessi che fanno pagare sono schizzati quelli che le banche pagano ai depositanti sono rimasti praticamente al palo. Tanto da spingere la stessa Bce a sollecitare un adeguamento che, almeno a livello di sistema nel suo complesso, compensi almeno in una qualche misura i maggiori oneri a carico delle famigli. Le banche per ora non ci sentono o ci sentono molto poco, non è un caso che nel 2022 i bilanci si siano chiusi più o meno per tutti con risultati record. Facciamo confusione!