Ci sono una moltitudine di interventi mini-invasivi a cui si può ricorrere per rimettere in sesto il cuore e prevenire l’ictus. Nonostante siano sicuri ed efficaci, considerati ormai di routine, non tutti gli italiani riescono ad accedervi. Precisamente sono oltre 150mila i connazionali che vengono “esclusi” ogni anno, con conseguenze più o meno gravi sulla loro salute e con costi aggiuntivi sul Servizio sanitario nazionale. A dare i numeri sulle procedure di cardiologia interventistica effettuati lo scorso anno sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), l’unica realtà italiana dotata di un Registro dell’attività di 273 Laboratori di emodinamica e cardiologia interventistica italiani. Il report è stato presentato a Roma in occasione del congresso GISE Think Heart, a cui ha preso parte anche il ministro della Salute Orazio Schillaci.

I datimostrano che, anche se il numero di procedure di cardiologia interventistica è in aumento, i livelli di accesso alle terapie sono ancora inadeguati rispetto ai fabbisogni epidemiologici. Così ad esempio solo poco più di 4 italiani candidabili su 10 hanno avuto accesso nel 2022 alla procedura di impianto percutaneo transcatetere della protesi valvolare aortica (TAVI) e solo 2 su 10 beneficia della procedura di riparazione percutanea della valvola mitralica. Altrettanto scarso è l’accesso a procedure di intervento mini-invasive per la prevenzione dell’ictus. Infatti solo al 2% degli italiani potenzialmente candidabili alla procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra ne ha beneficiato. Parliamo di pazienti che non possono assumere, in alternativa, anticoagulanti orali, quelli generalmente indicati per chi soffre di fibrillazione atriale non valvolare. Mentre solo un terzo dei pazienti candidabili all’intervento percutaneo di chiusura del forame ovale pervio (PFO) ne ha beneficiato. Infine solo l’1% ha avuto accesso al trattamento percutaneo dell’embolia polmonare (PE), che consente di rimuovere il coagulo di sangue grazie ad un intervento mininvasivo che aiuta a risolvere i casi più seri e ad alto rischio con controindicazione alla trombolisi.

“Il Report di GISE – commenta il ministro della Salute Orazio Schillaci – rappresenta uno strumento importante per disporre di dati utili a migliorare la programmazione e l’assistenza. La sinergia istituzionale è una leva essenziale per accelerare il processo di efficientamento del Srvizio sanitario nazionale in un’ottica di maggiore resilienza e sostenibilità che il ministero della Salute è impegnato a portare avanti. Le innovazioni scientifiche e tecnologiche in questo senso giocano un ruolo fondamentale soprattutto per superare le disuguaglianze ancora esistenti e fare in modo che tutti i cittadini possano accedervi. Su questo anche GISE con il suo contributo può costituire un valido alleato”.

Tutti i dati – Angioplastica, TAVI, riparazione della valvola mitrale e gli interventi mini-invasivi di prevenzione dell’ictus, come la chiusura dell’auricola sinistra e la chiusura del PFO hanno raggiunto e hanno addirittura superato i livelli pre-Covid, ad esclusione dell’angioplastica. Nel 2022 per esempio sono state eseguite 11.476 TAVI a fronte delle 10.103 registrate nel 2021 e delle 6.888 del 2018 o delle 8.255 del 2019. Gli interventi di riparazione della valvola mitrale sono state 1.451 nel 2022 a fronte dei 1.325 del 2021 e 1.105 del 2018 o 1.224 del 2019. Le procedure di chiusra dell’auricola sinistra eseguite nel 2022 sono state 1.878, quando nel 2021 erano 1.561 e nel 2018 solo 989. Allo stesso modo gli interventi di chiusura del PFO esguiti nel 2022 sono stati 3.978 a fronte dei 3.608 dell’anno prima e ai 3.192 del 2018. Discorso a parte per le angioplastiche: 149.993 quelle eseguite nel 2022 a fronte delle 158.689 del 2018 e 160.018 del 2019.

“Dal confronto con il panorama internazionale appare evidente come in Italia la penetrazione di alcune importanti innovazioni scientifiche e tecnologiche nel campo dell’interventistica cardiovascolare risulti inadeguata sia in termini di numero di pazienti trattati rispetto al fabbisogno, sia di disomogeneità tra le varie aree geografiche del Paese”, commenta Giovanni Esposito, Presidente GISE e Direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. “Uno dei principali obiettivi istituzionali di GISE è quello di presentare un piano di azione concreto che ci consenta di garantire l’accesso su tutto il territorio nazionale a cure ormai ritenute standard secondo le raccomandazioni delle principali linee guida internazionali. Questo documento – continua – è incentrato su 4 principali ambiti di cura dell’interventistica cardiovascolare: il trattamento transcatetere della stenosi valvolare aortica, la riparazione percutanea della valvola mitrale, la prevenzione dell’ictus cardio-embolico mediante chiusura percutanea dell’auricola sinistra nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e l’ottimizzazione della rivascolarizzazione coronarica con ausilio dello studio funzionale delle lesioni coronariche. Lo scopo del documento è quello di descrivere il profilo clinico e l’impatto economico delle suddette metodiche, le attuali barriere cliniche, organizzative e gestionali per l’accesso alle cure sul territorio nazionale e le possibili soluzioni per il superamento di suddette barriere”.

Fondamentale è anche la collaborazione tra GISE e AGENAS. “I nostri obiettivi comuni sono molti – spiega Esposito – e diversi: dal miglioramento dei flussi informativi e all’introduzione di soluzioni evolute volte all’assistenza dei pazienti affetti da malattie cardiovascolari; dallo sviluppo di indicatori di esito e di processo in grado di cogliere in modo più puntuale l’appropriatezza, l’efficacia e la qualità delle cure, nonché l’efficienza dei processi alla valorizzazione dei dati dei registri clinici per approfondimenti specifici su ambiti assistenziali di interesse cardiologico; fino alla valutazione dell’impatto di procedure interventistiche sugli outcome, anche al fine di identificare potenziali fattori di rischio modificabili, e all’elaborazione di documenti di indirizzo evidence-based su ambiti di incertezza clinica”. Continua Esposito: “Ci attendono sfide importanti per il prossimo futuro. La sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario passa inevitabilmente dalla capacità di programmare correttamente le risorse, garantire l’utilizzo delle tecnologie che permettono non solo il miglioramento degli outcome clinici ma anche di rispondere ai bisogni del sistema nel suo complesso. È diventato quantormai urgente affrontare e risolvere il problema della scarsità di personale e di strutture per fare fronte al maggior carico assistenziale seguito alla pandemia (es. liste attesa, mancate diagnosi). Infine riteniamo che una corretta rilevazione di indicatori di processo, organizzativi e di outcome saranno fondamentali per la programmazione delle attività e la valutazione multidisciplinare delle tecnologie che aumentano la capacità del sistema e che saranno fondamentali per vincere queste sfide”.

Valentina Arcovio

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