Nel giorno del 31º anniversario della strage di via D’Amelio, i giudici della corte d’assise d’Appello di Caltanissetta sono entrati in camera di consiglio per emettere la sentenza nel processo contro Matteo Messina Denaro, considerato uno dei mandanti delle stragi che uccisero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992. L’ex superlatitante – ora detenuto nel carcere dell’Aquila dopo l’arresto dello scorso 16 gennaio – ha rinunciato a presenziare all’udienza in videocollegamento. In primo grado il boss di Castelvetrano è stato condannato all’ergastolo. Stessa pena chiesta dall’accusa, rappresentata in aula dai procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono.

Matteo Messina Denaro ha inviato alla sua legale d’ufficio, l’avvocata Adriana Vella, un telegramma per complimentarsi per l’arringa tenuta davanti alla corte d’assise d’appello di Caltanissetta che celebra il dibattimento. La legale ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. “Sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, nonché delle sentenze irrevocabili acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale, emerge l’assoluta incertezza dell’effettivo ruolo che Matteo Messina Denaro rivestiva all’interno della compagine mafiosa trapanese” aveva sostenuto l’avvocata sottolineando, a suo parere, “la mancanza anche solo di elementi indiziari gravi precisi e concordanti in merito alla partecipazione dell’imputato in seno alle riunioni in cui fu deliberato il piano stragista” aveva aggiunto che “dalle motivazioni assunte in primo grado non è’ dato sapere nemmeno in cosa sarebbe consistito il concorso morale di Matteo Messina Denaro negli attentati di Capaci e via D’Amelio”.

Per l’accusa non c’è alcun dubbio che il boss di Castelvetrano sia tra i mandanti. “L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore. L’imputato – aveva detto continuato il procuratore generale Patti – entrò a far parte di un organismo riservato direttamente alle dipendenze di Toto’ Riina, il gruppo denominato la ‘Super cosa’. L’attività deliberativa, organizzativa di Messina Denaro in favore delle stragi ha cominciato a esplicarsi nell’ottobre del 1991, che coincide con le riunioni in provincia di Enna. Chi è Matteo Messina Denaro? È certamente un mafioso. Ha quattro condanne per 416bis, riferite a tempi diversi. È certamente un assassino perché dal casellario giudiziale mi risulta essere essere stato condannato per sette stragi e una ventina di omicidi”

Vella era subentrata al primo legale d’ufficio nominato dopo la rinuncia del difensore di fiducia del padrino, Lorenza Guttadauro che, per motivi organizzativi, aveva scelto di non assistere il boss. Nel telegramma Messina Denaro ha chiesto alla Vella la disponibilità ad avere un colloquio telefonico che poi non si è svolto. La comunicazione inviata dal capomafia si chiudeva con “Buona vita – Del poco che so mi è piaciuta la sua arringa”. Messina Denaro non ha mai partecipato alle udienze in video-collegamento. La sentenza del processo è attesa per oggi.

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