La morte di Andrea Purgatori lascia un grande vuoto umano e una straordinaria testimonianza di etica professionale. A lui si adattano le osservazioni di un grande maestro di giornalismo, Joseph Pulitzer, convinto che il giornalismo debba essere fondato su principi morali, sulla preparazione e sul carattere. Andrea Purgatori ha iniziato la sua attività giornalistica poco più che ventenne compiendo una rapida carriera. A 23 anni scrive già per il Corriere della Sera, come inviato nei paesi del Medio Oriente, e a 27, nel 1980, completa la sua formazione con un master in Scienza del giornalismo alla Columbia University di New York, la scuola voluta da Joseph Pulitzer e tuttora la più prestigiosa degli Stati Uniti.

Purgatori raggiunge una non cercata notorietà con gli articoli sul Corriere della Sera legati alla strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno 1980, quando un Dc9 dell’Itavia venne colpito da un missile nell’intento di abbattere un Mig libico che procedeva sulla sua scia nascondendosi ai radar. Un tema sul quale Andrea Purgatori ha pazientemente composto il suo mosaico. I suoi articoli hanno segnato una stagione del giornalismo di inchiesta, come riconosce Alberto Papuzzi nel suo manuale (Professione giornalista) a lungo adottato nelle scuole di giornalismo. Purgatori si inserisce nel gruppo non numeroso dei giornalisti di inchiesta. Rispetto ai suoi fratelli maggiori (Lino Jannuzzi, Marco Nozza, Corrado Stajano, Marco Sassano, Giorgio Bocca e altri ancora) non associa il suo impegno professionale a un’esperienza di militanza politica.

Il suo lavoro sul caso Ustica lo pone in una zona di tensione tra l’occultamento della verità, compiuto da un potere forte come l’Aereonautica Militare, e il dovere di cronaca. Inizialmente la versione dell’accaduto sulla strage di Ustica si incentra sulla tesi del cedimento strutturale del velivolo (una versione comoda per la pace delle relazioni internazionali e per i vertici dell’Aeronautica), ma Purgatori sin dai primi giorni non avalla questa ipotesi. Poco meno di un mese dopo la strage, il 26 luglio 1980, riferisce di una presenza sul radar civile “di tracce non identificate accanto a quella del Dc9 precipitato”.

Che cosa spinge Purgatori a cercare un’altra verità? Una voce all’interno dell’Aeronautica, tenuta protetta, indirizza il giornalista sulla tesi del missile, ma le tracce sono ancora poche e, paradossalmente, contribuisce a costruirle proprio l’Aereonautica con le sue bugie e le sue omissioni, fra le altre creando il buco di otto minuti nelle registrazioni radar, in coincidenza dell’impatto. A Purgatori si deve la definizione di muro di gomma, ovvero un’ostinata negazione della verità a cospetto delle evidenze.

E Muro di gomma è anche il film del 1991 di Marco Risi, con la sceneggiatura di Andrea Purgatori, tratto proprio dalla sua inchiesta che tiene vivo un caso, nei primi anni Ottanta, tra l’indifferenza delle istituzioni e dei partiti: ne è riprova anche il ritardato recupero del velivolo (nel 1987 e nel 1991) che consente la perizia giudiziaria sulle valutazioni dell’impatto.

Per quanto possa apparire ingeneroso riassumere un’esistenza nella storia di un’inchiesta, non vi è dubbio però che la vicenda renda onore alle qualità umane e professionali del suo autore. Andrea Purgatori ha affrontato i casi più spinosi della storia italiana (la strategia della tensione, il caso Moro, la scomparsa di Emanuela Orlandi, la P2, le stragi di mafia) con lo stesso rigore e la stessa passione per squarciare ipocrisie e accomodanti versioni rischiando di persona, sapendo che altri avrebbero messo in gioco la sua credibilità. Ne è un esempio il suo programma televisivo Atlantide, un interessante tentativo di divulgazione storica privilegiando l’approfondimento alla dittatura dei tempi televisivi, con interessanti sguardi sul presente e sulla realtà internazionale.
“La democrazia muore nelle tenebre”, recita il motto del Washington Post, e se in alcune occasioni non siamo precipitati nel buio lo dobbiamo anche a lui.

Grazie Andrea.

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“Più sceneggiatore che giornalista”. Dai generali ai colleghi, da Ustica all’Ucraina: sui social parte l’attacco a Purgatori

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