La Procura di Roma ha impugnato la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale lo scorso 8 luglio nei confronti del bidello accusato di violenza sessuale per aver palpeggiato una studentessa dell’Istituto Roberto Rossellini. Per i giudici dellaV sezione penale del Tribunale di Roma, il fatto non costituirebbe reato in quanto il palpeggiamento, durato “tra i 5 e i 10 secondi”, pur essendo avvenuto sarebbe privo l’elemento soggettivo: ovvero da parte del bidello sarebbe mancata la volontà di molestare la minorenne. La “repentinità dell’azione, senza alcuna insistenza nel toccamento”, da considerarsi “quasi uno sfioramento” non consente di “configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”, si legge nella sentenza di assoluzione. Una decisione che aveva generato lo sdegno tra le associazioni studentesche e in primis tra i ragazzi dell’istituto, riunitisi in un presidio di protesta, nonché migliaia di reazioni sui social, con la circolazione virale di video che illustrano cosa significhi una durata di 10 secondi quando si parla di una molestia.

I magistrati affermano ora che sul punto il Tribunale “incorre in errore nella valutazione delle prove acquisite, nella ricostruzione del fatto contestato e nella valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo”. “Il Tribunale asserisce che si sarebbe trattato di un toccamento fugace, quasi uno sfioramento, avvenuto peraltro in presenza di altre persone” – si legge nella sentenza di impugnazione – “La parte lesa invece parla di un’azione che dura tra i cinque ed i dieci secondi, che non appaiono un tempo così istantaneo tanto che l’amica, senz’altro sbagliando nella percezione ma sicuramente fuorviata dal fatto che non si è trattato di un gesto di durata trascurabile, lo colloca invero nell’arco temporale di trenta secondi”. La molestia risale all’aprile 2022: la ragazza allora 17enne stava salendo le scale dell’Istituto quando, da dietro, il bidello le avrebbe infilato le mani nei pantaloni, alla presenza di altre persone. Nel corso del processo l’imputato aveva ammesso di avere toccato la studentessa, affermando però di averlo fatto “per scherzo”.

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