“Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima è poco coerente con una visione di medio-lungo periodo della transizione energetica e climatica del Paese. Il quadro di politiche proposte appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo”. Il giudizio è complessivamente sotto la sufficienza. Ecco, il think tank italiano per il clima, ha analizzato la proposta di aggiornamento del Pniec che il 19 luglio il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha inviato formalmente alla Commissione europea. L’invio a Bruxelles del testo di 424 pagine, segue quello dell’executive summary, avvenuto il 30 giugno. Ecco valuta la proposta ufficiale che, come già evidenziato nell’executive summary “abbandona l’approccio del Pniec 2019, considerato dal ministero stesso troppo ‘ottimista’ nel tradurre le politiche in obiettivi credibili” e dà le pagelle. Sono state analizzate misure e previsioni nei vari settori rispetto agli obiettivi climatici e alle ricadute sul sistema economico, sociale e produttivo del Paese. Su undici indicatori e 5 voti a disposizione, tre hanno totalizzato un solo voto e gli altri 8 appena due. Tra le principali criticità, l’assenza di una roadmap per la transizione e l’uscita dalle fonti fossili, ma anche della declinazione della dimensione sociale per la valutazione delle singole politiche e di una descrizione dei mercati della decarbonizzazione e dei nessi tra le filiere produttive che possano cogliere nuove opportunità, “nonostante nel testo ritorni più volte la necessità di preservare la competitività del sistema produttivo nazionale”.
Il think tank Ecco: “Mancano elementi chiave, per esempio sull’uscita dal fossile” – Secondo Chiara Di Mambro, responsabile delle Politiche di decarbonizzazione di Ecco, nel testo “mancano alcuni elementi chiave”. Per esempio “una strategia di uscita dai fossili coerente con la neutralità al 2050, sia sul carbone che sul gas e politiche più incisive sulle rinnovabili, per centrare l’obiettivo G7 dell’Italia di un sistema elettrico decarbonizzato al 2035”. Il ricorso al gas naturale fossile diminuisce dal 41% del Consumo interno lordo nel 2021, al 33% nel 2030, al 30% nel 2040 “evidenziando nuovamente un ‘appiattimento’ nel trend di riduzione”. Dinamica “non conciliabile con gli obiettivi di medio-lungo termine”. Nel piano si parla di gas di transizione (il gas “diventerà perno di un sistema ibrido elettrico-gas”). “È fuorviante parlare di gas di transizione in assenza di un chiaro orizzonte temporale” spiega Ecco, sottolineando che su questa fonte si offre una visione emergenziale senza considerare scenari di evoluzione di prezzi e domanda. Sul phase out del carbone l’approccio viene definito contraddittorio: si esclude la Sardegna dall’obiettivo di chiusura delle centrali a carbone nel 2025 e si lega l’obiettivo a interventi sulla rete, realizzazione di capacità rinnovabile e di accumulo ma, allo stesso tempo, si ripropone il progetto di metanizzazione dell’isola e torna l’ipotesi di costruire nuovi impianti peaker a gas se “la chiusura delle centrali a carbone ne renderà necessaria la presenza”. Sul fronte rinnovabili, invece, la quota da Fer fissata al 65% per i consumi finali del solo settore elettrico, per Ecco dovrebbe arrivare ad almeno il 76%. E poi c’è il ruolo delle tecnologie indicate come risolutive in coerenza, tra l’altro, con le strategie Ue (ne sono esempi l’Idrogeno e la cattura e lo stoccaggio del carbonio) ma “in modo semplicistico e senza l’indicazione di una chiara strategia del loro impiego, a fronte di importanti investimenti e rischi”.
Il settore elettrico – Per quanto riguarda il settore elettrico, nel testo manca proprio il riferimento all’impegno italiano al G7 2022 sulla decarbonizzazione del sistema elettrico al 2035. Per il think tank, tra gli strumenti di sicurezza elettrica, il capacity market su cui l’Italia continua a puntare è “inadatto a sostenere la capacità rinnovabile esistente e la demand response” che consente ai consumatori commerciali e industriali di gestire il proprio consumo energetico. All’orizzonte, inoltre, non si intravede un’adeguata progressione nelle autorizzazioni per le rinnovabili, mentre viene giudicata positiva la proposta di potenziamento delle garanzie di origine dell’energia da fonti rinnovabili.
Il settore civile – Le politiche a sostegno del settore civile sono le stesse del 2019. Su detrazioni fiscali e riqualificazioni edilizie “il piano prevede un’evoluzione delle aliquote proporzionale alle performance raggiunte”, ma queste verrebbero valutate solo rispetto all’impatto sui consumi energetici e non sulle emissioni. Manca, inoltre, l’aggiornamento della Strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare, approvata a fine 2020. Non si escludono dall’incentivazione le tecnologie basate sui combustibili fossili, “rendendo la sostituzione dei consumi (termici in particolare) da fonte fossile a rinnovabile – segnala il think tank – difficilmente realizzabile. La scelta di dare uguale priorità alle pompe di calore elettriche e a gas, inoltre, non è supportata da una chiara e trasparente valutazione”.
Il settore dei trasporti – Il Piano considera una serie di misure, già esistenti e aggiuntive, per il potenziamento del trasporto pubblico di massa, ma non ne riporta l’impatto atteso. Secondo Ecco, manca un chiaro riferimento alla necessità di sostenere gli enti locali nella regolamentazione per limitare la circolazione di veicoli inquinanti, ovvero l’esenzione per veicoli a zero emissioni. Per quanto riguarda la mobilità elettrica “il ritardo accumulato nella transizione all’elettrico della mobilità su strada non trova nel Piano una proposta alternativa al business as usual”. Il piano richiama espressamente l’intenzione di continuare a sostenere anche le motorizzazioni endotermiche. Sulla composizione della flotta elettrica nel parco auto al 2030, il Piano riporta gli stessi obiettivi del Pniec 2019 (6,6 milioni di unità, di cui 4,3 Bev, ossia i veicoli totalmente elettrici, alimentati esclusivamente a batteria). Un numero “auspicabile ma non plausibile, dato il ritardo di mercato accumulato e le politiche a tecnologie neutrali proposte”.
Il settore industriale – “Il Piano non presenta una strategia specifica per la decarbonizzazione dell’industria” scrive Ecco think tank, ricordando che viene menzionata la riconversione del polo di produzione acciaio di Taranto, benché non si faccia riferimento alle modalità e tempi di tale riconversione, a fronte di uno stanziamento di un miliardo di euro da fondi del Pnrr. Manca una quantificazione delle riduzioni per i settori ETS, ad alta intensità energetica e non ETS. Si prevede il ricorso all’idrogeno come una delle soluzioni per la decarbonizzazione del settore industriale. La produzione sarà promossa tramite i contributi in conto capitale previsti dal Pnrr e tramite una nuova misura tariffaria. “Per raggiungere gli obiettivi climatici è importante che questi incentivi siano destinati esclusivamente alla produzione di idrogeno verde” commenta, però, Ecco. Nel Piano, infine, al 2030 i consumi finali di energia del settore industriale sono pari a 24.3 Mtep. “Non è chiaro come sia possibile raggiungere un tale risultato alla luce di un largo ricorso all’idrogeno e alle tecnologie CCUS (cattura, utilizzo e stoccaggio di carbonio), soluzioni con elevati fabbisogni di energetici” commenta Ecco. E aggiunge: “L’elettrificazione dei consumi di calore a medio-bassa temperatura non viene adeguatamente incentivata”. Al contrario, nel Piano si afferma che un’elevata elettrificazione dell’industria renderebbe tale settore particolarmente vulnerabile.