La confusione regna sovrana sul fronte dell’accoglienza dei migranti in Veneto, soprattutto all’interno della Lega, anche se Luca Zaia, dopo aver dato fuoco alle polveri, cerca ora di far rientrare le polemiche. Il Carroccio che sta al governo nazionale deve fare i conti con i propri sindaci sul territorio e con il dna del movimento che non vuole arrivi massicci, in particolare tendopoli o hub. Il governatore Zaia, che comanda la Regione, ha tentato di lanciare un protocollo a sostegno dell’arrivo diffuso, ma il segretario regionale Alberto Stefani ha imposto lo stop, e così il protocollo sembra scomparso, in attesa che si chiariscano le posizioni. Come se non bastasse, il fatto che all’inizio della settimana i sindaci vicentini si siano trovati alla porta del municipio gli extracomunitari scaricati su indicazione del prefetto, ha creato le premesse per la protesta. Intanto Pd e Cgil plaudono al buon senso di Zaia, cercando di leggervi un’inversione di tendenza rispetto alle tradizionali chiusure di Matteo Salvini. Ma un vecchio nemico del governatore, il forzista Flavio Tosi, lo accusa di “fuga in avanti”.
Dopo giorni in cui l’insofferenza verso le decisioni romane è cresciuta, Zaia in qualche modo è sembrato accettarle, razionalizzando l’intervento, ma ora si trova costretto a precisare: “Il protocollo non è stato congelato, è stato firmato. Non lo stiamo distribuendo perché abbiamo chiesto un ulteriore parere legale alla nostra avvocatura, ma il documento dice semplicemente ai prefetti di evitare i mega assembramenti”. Per uscire dall’accerchiamento, Zaia rivendica: “Noi abbiamo chiesto la cabina di regia, strumento che ci permette di vedere cosa decidono. I sindaci erano fuori da questa partita. Grazie a me e a questo documento, ora sono dentro”. Il protocollo porta le firme di Regione, l’Anci veneta presieduta da Mario Conte, sindaco leghista di Treviso, e dai prefetti, e contiene la richiesta di una cabina di regia per la gestione degli arrivi. Nel cuore del problema ci sono però i poteri di questa struttura. Non a caso Tosi, coordinatore regionale di Forza Italia, ha colto l’occasione per lanciare un siluro a Zaia: “Anziché avventurarsi in fughe in avanti, avrebbe dovuto coinvolgere direttamente tutti i sindaci e i segretari veneti dei partiti del centrodestra con i quali amministra la Regione e ancor prima chiedere indicazioni precise al ministro Piantedosi”.
L’arrivo dei migranti è stato deciso con il piano approvato in aprile. “Il protocollo – spiega Zaia – è andato al Ministero ed è stato approvato. Col ministro Piantedosi ho parlato più volte. Il protocollo non è per imporre qualcosa a qualcuno, ma dice semplicemente: noi vogliamo scongiurare le tendopoli, le nuove Cona (la maxistruttura in una caserma in provincia di Venezia, ndr). Non siamo innamorati dell’arrivo degli immigrati. Ma siccome arrivano, e non dipende da noi, questi flussi o li gestiamo o li subiamo. Un amministratore può solo ragionare così”. Il governatore poi indica i numeri: “Rispetto agli anni scorsi, abbiamo il doppio degli arrivi. Vuol dire che se nel 2022 abbiamo chiuso con 105mila immigrati arrivati in Italia, quest’anno chiuderemo con 200mila. Ne abbiamo già 7.800 nel territorio veneto: se qualcuno mi spiega come possa tutta questa parte di Africa starci in Italia o in Veneto, gli diamo il premio Nobel. Questa situazione è insostenibile e si deve risolvere”. Polemiche con Alberto Stefani, segretario regionale della Lega che ha detto di no all’accoglienza diffusa? “Ci siamo parlati più volte, condivido la sua posizione su quanto accaduto nel vicentino, ma la Regione non c’entra niente. Per evitare casi simili proponiamo che i comuni vengano coinvolti nei processi decisionali”.
Il presidente dell’Anci Veneto, Mario Conte, è sulla stessa linea: “La politica prima di tutto deve fermare gli sbarchi, ma nel frattempo cosa facciamo? Se qualcuno dice che la soluzione è nelle tendopoli, io dico no. Non si vuole l’accoglienza diffusa? Benissimo, accetto consigli. E se questa non è la linea del governo, mi si dica qual è. Ma mega hub no”. E cità l’esempio della caserma Serena, alla periferia sud di Treviso, che è passata ad ospitare da 180 a 500 persone. A mettersi di traverso sono invece i Fratelli d’Italia veneti, con il capogruppo Enoch Soranzo: “E’ fondamentale che i Comuni abbiano le risorse, le strutture e gli strumenti per gestire un’accoglienza diffusa, condizioni che non paiono esserci allo stato attuale”. Basta passare in Friuli e si verifica che la linea della Lega non è propriamente quella di Zaia in Veneto. Il coordinatore regionale Marco Dreosto, parlamentare salviniano, è deciso: “L’accoglienza diffusa sul territorio l’abbiamo già provata e le cose sono andate malissimo. L’esperienza non è da ripetere”. Trieste è diventata porta d’ingresso della rotta balcanica. L’assessore regionale alla Sicurezza, il leghista Pierpaolo Roberti, sembra però parlare ancora un’altra lingua: “Gli unici strumenti che in questo momento possono essere messi in campo sul fronte dell’immigrazione sono l’attivazione di un hot spot per raccogliere le persone che arrivano attraverso canali illegali e che devono essere destinate ad altre regioni e, all’interno della struttura stessa, il centro di identificazione e trattenimento per i richiedenti asilo. A questi deve essere garantita in tempi brevi una risposta sull’esito della domanda d’asilo e in caso di mancato accoglimento devono subito essere avviate le procedure per il rimpatrio”.