di Alberto Catania*

Il Mediterraneo è oggi un contesto geografico oggetto di narrazioni che si dividono tra la quotidiana cronaca delle migrazioni che da sud a nord ne solcano i flutti e la geopolitica di un bacino nel quale la penisola italiana gioca un ruolo marginale, specie se posta a confronto di attori dallo spiccato attivismo quali la Turchia. Il 139° anniversario della costruzione del piroscafo Regina Margherita, che cade in questo mese di luglio, è invece l’occasione per ricordare una fase storica in cui, solo un secolo fa, le navi delle migrazioni seguivano rotte differenti e il protagonismo dell’Italia nel suo bacino d’elezione era di tutt’altro carattere.

Battezzata in onore della prima regina d’Italia e commissionata dalla compagnia di navigazione Società Rocco Piaggio & Figli, di base a Genova, iniziò proprio nel capoluogo ligure la propria attività da ammiraglia della compagnia prima che la società fosse rilevata dalla Navigazione Generale Italiana. La Regina Margherita divenne così una delle prime grandi imbarcazioni a compiere regolarmente la tratta tra l’Italia e il Sudamerica, destinazione dei flussi di emigrazione dal Regno d’Italia, divenendo così una delle grandi protagoniste della migrazione italiana in America Latina. Dotata di due fumaioli e alimentata a vapore, la Regina Margherita disponeva anche di vele e bompresso che le fornivano alimentazione ausiliaria e divenne la prima nave battente il tricolore italiano a essere dotata di illuminazione elettrica.

Ma la seconda vita della Regina Margherita fu altrettanto significativa, accompagnando alcuni dei più significativi eventi della storia italiana di inizio Novecento. In occasione del terremoto di Messina del 1908 il piroscafo venne infatti utilizzato per fornire i primi soccorsi alla popolazione terremotata, un anticipo di ciò che sarebbe stata l’ultima fase della vita dell’imbarcazione. Terminata la propria carriera transatlantica e brevemente convertita alle tratte regionali del Mediterraneo, la Regina Margherita fu infatti adibita a nave ospedale nel 1911 in occasione della guerra italo-turca che la portò a compiere nei mesi successivi svariati viaggi tra Napoli e la costa libica. Dopo aver subito un ingavonamento nel 1913 durante i lavori nel porto di Genova, la Regina Margherita fu infine smantellata, riemergendo nei ricordi grazie a un francobollo commemorativo degli anni 70.

Quella del piroscafo Regina Margherita è innanzitutto una storia mediterranea e una storia di migrazioni ma è anche la testimonianza del legame speciale che intercorre tra l’Italia – e in particolare la città di Genova, fulcro dell’emigrazione italiana dell’epoca – e il Rio della Plata, capolinea dei suoi lunghi viaggi transatlantici della durata di quasi tre settimane. Testimonianza in primo luogo di quel destino marittimo che Genova ha ricevuto dalla geografia e al quale ha sempre assolto, dando casa in quell’epoca a chiunque partisse verso nuove terre come ben descritto da Edmondo De Amicis in Sull’Oceano (1889) che raccontava la presenza all’imbarco del porto di “visi e vestiti d’ogni parte d’Italia” e di come “due ore dopo che era cominciato l’imbarco, il grande piroscafo, sempre immobile, come un cetaceo enorme che addentasse la riva, succhiava ancora sangue italiano”.

Un sangue che le imbarcazioni come il Regina Margherita trasferirono su quel Rio della Plata dove ancora oggi l’impronta italiana, e specificatamente genovese, è molto marcata. In primo luogo nell’ambito calcistico, elemento che in Sudamerica trascende i limiti sportivi e assume più generali toni culturali: non è un caso che l’appellativo Xeneixes che identificava qui i genovesi oggi indica i tifosi del Boca Juniors, squadra del barrio La Boca dove la forte presenza di immigrati di origine ligure portò addirittura, nel corso dell’Ottocento, all’autoproclamazione di una repubblica indipendente sotto la bandiera genovese della Croce di San Giorgio. Altrettanto significativa l’origine dell’appellativo Bachicha (o Bacìcia in italiano) che oggi in Argentina ma anche in altri Paesi sudamericani è l’appellativo diventato identificativo d’antonomasia dell’immigrato italiano e che trae le sue origini da Giovanni Battista, patrono genovese e nome proprio molto comune tra gli immigrati genovesi dell’epoca.

Il ricordo del piroscafo Regina Margherita in occasione dell’anniversario della sua costruzione è dunque l’occasione per rileggere al contempo la storia del bacino del Mediterraneo e quella delle migrazioni: un mare di cui l’Italia serba oggi un profondo timore connesso sia alle tensioni geopolitiche di cui è teatro sia alle migrazioni da cui vorrebbe tanto schermarsi. Eppure il passato ci racconta di una penisola che non temeva di solcarne i flutti, per ambizione o disperazione.

* analista del Centro Studi Amistades

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