“Antonio Padellaro ha ragione, non si capisce perché diventiamo tifosi su questioni che sono più grandi di noi e che non si risolvono certamente soltanto ora, ma con un lungo lavoro diplomatico iniziato in precedenza. Noi dobbiamo essere solo felici che un ragazzo sia stato liberato dopo aver passato le pene dell’inferno per ragioni inesistenti”. Così a Omnibus (La7) Giuseppe Civati, ex deputato del Pd ed ex segretario di Possibile, commenta l’editoriale di Antonio Padellaro sul Fatto Quotidiano in merito alla liberazione di Patrick Zaki e la sua odierna intervista al Corriere della Sera, dove ha stigmatizzato la “timidezza” delle opposizioni, e in particolare del Pd, nel riconoscere i meriti del governo Meloni (“In questi giorni ho assistito a dei contorcimenti assurdi – ha affermato Padellaro – pur di non riconoscere il merito della liberazione di Zaki al governo di Giorgia Meloni. Come se riconoscerlo fosse un cedimento, un venir meno ad un’opposizione dura e pura. (…) Il Pd si sente depositario di tutto quello che riguarda i diritti umani. Questa volta non sono stati loro a tutelarli. Ecco l’imbarazzo“).
Civati sottolinea: “Non c’è bisogno di aggiungere polemica su questioni legate alla libertà delle persone. Adesso invece è il momento di insistere sul caso di Giulio Regeni. Io al posto delle opposizioni, accanto al riconoscere il lavoro del governo per il caso Zaki, avrei associato un impegno comune di tutto il Parlamento per fare verità sul caso Regeni. Ricordo comunque che, quando nella mia vita precedente facevo politica – continua – e mi occupavo della vicenda di Patrick Zaki, venivo preso a pallonate dagli elettori di destra che mi dicevano che era sbagliato e irrilevante occuparsi di un egiziano. Ecco, forse la maturità del governo Meloni su questa partita smentisce un po’ di canea che negli anni scorsi era stata agitata dalla destra”.
Civati, infine, commenta l’operato di Giorgia Meloni in politica estera: “Lei ha recuperato un profilo di governo dopo aver passato anni a dire cose molto sbagliate, molto propagandistiche e totalmente irrealizzabili speculando sul tema dell’immigrazione. A Bruxelles prima c’erano “gli euro-burocrati”, adesso c’è un rapporto civile e collaborativo, dove si può, con la presidente von der Leyen. Ci sono quindi dei cambiamenti – conclude – ma non dimentichiamo che Meloni è uno strano incrocio: da un lato c’è la sua storia nel Msi, dall’altro c’è un mondo doroteo. Lei è di estrema destra su alcuni argomenti, ma nella politica estera prevale questo aspetto moderato rispetto ai toni e alle intemerate che abbiamo conosciuto negli anni passati”.