Cinema

Tax credit cinema, l’ipotesi di legge che fa tremare i piccoli e medi produttori

Il timore è quello di ritrovarsi con l’acqua alla gola solo per favorire grandi agglomerati tra cui perfino le piattaforme streaming. È stato un post su Facebook della regista Antonietta De Lillo (Il resto di niente nel 2005, ve lo ricorderete) a dare il via alla protesta: "Se passeranno queste misure si tratterà dell’ennesima porta sbattuta in faccia alle piccole e medie imprese e all’autonomia di autori, registi e sceneggiatori..."

di Davide Turrini

Un nuovo sistema di tax credit cinematografico per favorire i produttori più ricchi? I piccoli produttori indipendenti del cinema e dell’audiovisivo italiano tremano. È bastato che la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, anticipasse al Sole 24Ore alcune linee di principio della nuova legge in discussione per far andare su tutte le furie la filiera dei piccoli e medi produttori indipendenti. Il timore è quello di ritrovarsi con l’acqua alla gola solo per favorire grandi agglomerati tra cui perfino le piattaforme streaming.

È stato un post su Facebook della regista Antonietta De Lillo (Il resto di niente nel 2005, ve lo ricorderete) a dare il via alla protesta. “Se passeranno queste misure si tratterà dell’ennesima porta sbattuta in faccia alle piccole e medie imprese e all’autonomia di autori, registi e sceneggiatori – ha scritto De Lillo. “Gli incentivi del tax credit sono stati assegnati al cinema in quanto “eccezione culturale” ma sembra che da anni ormai ce ne siamo dimenticati e non facciamo che andare, modifica dopo modifica, sempre più verso un sistema che premia solo l’industria”. Borgonzoni aveva spiegato nell’intervista al Sole che c’era un ipotesi di modifica dei “requisiti di accesso” che “prima d’ora non c’erano”: “Per le imprese occorre aver realizzato nei cinque anni precedenti la presentazione della domanda almeno 3 opere per un costo totale medio di 1,5 milioni o, in alternativa, di un’opera con costo sopra i 5 milioni”.

Asticelle sostanzialmente irraggiungibili e insostenibili per tipologie produttive con budget e pregressi industriali limitati. Anche se è sul concetto di “produttore indipendente” che si gioca l’intera partita della nuova modifica ministeriale sul tax credit. In un recente rapporto AGCOM è stato rilevato che “i principali produttori indipendenti italiani sono società appartenenti a grandi gruppi internazionali, facenti capo ad altri stati membri della UE e talvolta a soggetti non UE”. Nelle conclusioni AGCOM sottolineava: “Con riferimento al tax credit, il cui intento originale era volto a sostenere le piccole imprese nazionali di produzione audiovisiva, si porta all’attenzione la problematica relativa alla dimensione internazionale dei principali destinatari attuali di tale misura che comporta un rischio di discostamento rispetto ai principi e obiettivi alla base del regime di agevolazione”.

È ancora il ragionamento della regista De Lillo a venirci in aiuto. “È sotto gli occhi di tutti che è stata fatta una legge cinema a vantaggio di poche grandi società di produzione, 9 società che da sole – secondo uno studio dell’AGCOM – rappresentano l’85% del totale degli investimenti in Italia, molte delle quali sono anche finite per vendersi a società straniere. Avendo in mano praticamente tutto il mercato, creano un oligopolio che, a mio avviso, non fa sicuramente bene all’industria, neanche alla loro, e tanto meno alla cultura”. Insomma alla torta, non illimitata, del tax credit concorrono da un po’ addirittura le grandi piattaforme dello streaming e, secondo il timore di molti piccoli produttori che vogliono rimanere anonimi, le modifiche governative non accoglierebbero il suggerimento AGCOM ma al contrario sarebbero schiacciate verso l’allargamento all’agevolazione fiscale di chi sostanzialmente non ne avrebbe bisogno.

Non voglio concorrere a un clima di guerra tra bande. Il Ministero ha fatto il suo lavoro con ipotesi suscettibili di mille cambiamenti per utilizzare al meglio uno strumento importante per tutto il sistema che però dall’alto e dal basso non è stato sfruttato al meglio nello spirito della norma”, spiega a FQMagazine Gianluca Curti, ceo di Minerva Pictures e presidente di CNA, Cinema e Audiovisivo. “Le criticità ci sono, ma dobbiamo trovare formule per lavorare in serenità, senza creare asticelle troppo alte per opere prime comunque indispensabili, e senza eliminare piccoli produttori”. Sul concetto di produttore “indipendente” e su come si sia trasformato negli anni Curti è però perentorio: “Non voglio togliere l’accesso al tax credit a nessuno, ma le grandissime aziende non devono risultare indipendenti. Semmai prendano il tax credit ma da altre voci di bilancio. Le voci di risorse interne al tax credit devono rimanere a disposizione delle aziende realmente indipendenti. Piccoli e grandi fanno campionati diversi e ciascuno gioca il suo. Come CNA non siamo contro nessuno, ma crediamo nell’idea che le agevolazioni fiscali esistano affinchè portino, ad esempio, una startup a diventare una microimpresa, una micro piccola, una piccola media, una media grande con regole certe e condivise”. Attraverso il proprio ufficio stampa la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, fa sapere che “si tratta di un documento di riflessione. Alcune sue parti sono già modificate o implementate rispetto alla versione iniziale. Al momento non esiste un documento finale né ufficiale né ufficioso, ma stiamo ancora discutendo insieme a tutte le associazioni e a tutti gli interessati”. FQMagazine ha chiesto un parere sulla vicenda alla presidente APA – l’Associazione Produttori Audiovisivi che comprende tra gli altri Cattleya, Fremantle, Groenlandia, Palomar e Taodue – senza ricevere ad oggi risposta.

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