Milano trasformata dai nubifragi in una città post-apocalittica, la Sicilia senz’acqua devastata dagli incendi, una ragazza morta schiacciata da un albero nel Bresciano, gli evacuati, le case allagate e le auto distrutte. Eppure, a sentire molti politici italiani – anche con responsabilità importanti di governo – il cambiamento climatico è una bufala inventata da media e attivisti. E anche dopo 24 ore di disastri meteorologici in tutto il Paese, ci sono quotidiani nazionali che ne negano l’esistenza o ridicolizzano chi prova a lanciare l’allarme sui suoi effetti. È il caso della Verità, che apre l’edizione di martedì con un titolo su una presunta “censura” del Fondo monetario internazionale a John Clauser, un fisico americano premio Nobel scettico sull’origine antropica dell’aumento delle temperature. Occhiello: “Il green è la nuova pandemia, via alle liste di proscrizione”. Nell’articolo a pagina 5 l’emergenza climatica è definita una “tesi” che “i governi occidentali stanno cavalcando, con la complicità dei media, per stravolgere le politiche energetiche perseguite negli ultimi settant’anni e sanzionare i comportamenti non corretti dei cittadini. Lo stesso copione del Covid“. In taglio basso un altro pezzo, dal titolo “Il bavaglio non è una sorpresa ma i luminari non hanno più paura”, esordisce così: “Il riscaldamento antropico di globale ha solo la sua natura di essere forse la più colossale balla raccontata negli ultimi trent’anni”.
A pagina 2 dello stesso quotidiano si sfottono “gli aedi del green” che “tifano pluscalore”, cioè i cittadini preoccupati per l’emergenza, soprannominati con disprezzo “team apocalisse“: “Le fotocamere dei telefonini inchiodate ai cruscotti per cronometrare il nuovo record di Caronte bis e di Lucifero ter si sono subito spostate sulla variante cumulonembo, pronte a immortalare la folgore più elettrica del secolo e a cronometrare la velocità oraria delle “bombe” di grandine. Dall’archivio degli apocalittici, scatti freschi freschi per Instagram, Facebook e Twitter. (…) Il copione narrativo è identico a quello già recitato durante il Covid: il terrore, l’emergenza, il teatrino mediatico, la polarizzazione del dibattito”. A pagina 4 si minimizzano le temperature estreme dei giorni scorsi: “Macché caldo, accessi normali in ospedale. Il caldo non sta impattando in maniera significativa sui pronto soccorso, come una narrazione ansiogena cerca di far credere. Un allarmismo che si ripete tutte le estati”. Anche il Giornale rilancia la presunta censura al fisico Clauser: “Zittito il Nobel che contesta i dogmi green“, è il titolo. “Da qualche anno ci viene raccontato che se la temperatura s’innalza sarebbe colpa di tutti noi; e si aggiunge che l’intera comunità scientifica sarebbe concorde in merito a ciò. (…) La voce di Clauser doveva essere soffocata perché un fisico che ha ottenuto il Nobel e ha raggiunto gli ottant’anni può dire quello che vuole: non ha nulla da temere dalle mafiette accademiche“, si legge.
Ma il negazionismo climatico ha sempre goduto di ottima popolarità tra i politici e i giornalisti di destra. Tornando un po’ indietro nel tempo rimane storica la prima pagina di Libero del 6 maggio 2019, dopo alcuni giorni di temperature particolarmente basse: “Riscaldamento del pianeta? Ma se fa freddo. Il termometro smentisce i gretini nostrani”. Negli ultimi giorni, poi, a iscriversi al partito del “tutto va bene” è arrivato anche Andrea Giambruno, anchorman di Rete 4 e compagno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: nella puntata del 18 luglio della sua striscia quotidiana, Diario del giorno, si è prodotto in uno show riduzionista prendendosela con il “pessimismo imperante” e affermando che “non è poi una grande notizia” se d’estate fa caldo, interrompendo perfino il collegamento con la sua inviata che snocciolava i dati record delle temperature. Lo stesso giorno sulla Verità compariva un sobrio commento di Paolo Del Debbio titolato “Così si smontano le balle degli ecoimbecilli”. Rinforza la schiera anche una firma “moderata” come Mattia Feltri, direttore di Huffpost ed editorialista della Stampa: “Pronosticare 47 gradi a Roma per aizzare sul climate change non è tanto diverso da dare i numeri per aizzare contro i vaccini: significa buttarla in vacca. E purtroppo buona parte dell’informazione scientifica è stata buttata in vacca da sensazionalismi, superficialità, risse in stile talk, animate anche da esimi studiosi dediti non più a spiegare come stanno le cose ma a dichiarare l’imbecillità di chi la pensa in altro modo”, ha scritto il 22 luglio in un corsivo.
Tra i rappresentanti del popolo, invece, il più orgoglioso alfiere dell’anti-ambientalismo è il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato Lucio Malan, che a intervalli regolari si spertica su Twitter nel tentativo di negare il surriscaldamento o comunque di argomentare l’assenza di correlazioni con l’attività umana: “Gli unici veri negazionisti dei cambiamenti climatici sono i talebani del clima“, “Pioggia abbondante oggi e nei prossimi giorni. Come la mettiamo con i gretini?”, “Chi ha studiato sa che i cambiamenti ci sono da sempre“. Mercoledì sera, poco prima che a Milano scoppiasse l’inferno, difendeva il punto di vista di Giambruno: “Dire che il caldo a luglio non è una gran notizia suscita lo scandalo degli ecobigotti”. Ma le strizzate d’occhio ai riduzionisti arrivano anche da importanti esponenti di governo, a partire dal ministro dell’Interno (e leader del Carroccio) Matteo Salvini, che due giorni fa ha rilanciato su Facebook un’intervista di Libero al meteorologo Mario Giuliacci: “Sul caldo c’è chi le spara grosse, basta fare terrorismo sul clima. L’appello del colonnello Giuliacci che richiama al buonsenso anziché alimentare paure e angosce spesso ingiustificate”. E persino dalla premier Meloni: martedì 25 luglio, la mattina dopo il disastro a Milano, intervistata da Rtl 102.5 parla di “una realtà climatica imprevedibile“. Per la verità c’era chi l’aveva prevista, e anche da molti anni. Ma la leader FdI non li ha mai ascoltati troppo.