È senza dubbio Rodolfo Scali il principale indagato dell’inchiesta “Malea” che stamattina ha portato a 12 arresti eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Giuseppe Lombardo, il gip ha disposto 8 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 4 ai domiciliari. Tra questi ultimi, con l’accusa di concorso esterno c’è pure un poliziotto, il sovrintendente Domenico Sità in servizio presso il commissariato di Siderno. Secondo gli inquirenti si tratta di una divisa infedele perché avrebbe fornito notizie riservate in cambio di alcuni regali a Rodolfo Scali e più di recente ad un soggetto indagato dalla Procura distrettuale antimafia di Torino.

Già nel 1996 l’allora collaboratore di giustizia Vito Gentile aveva spiegato ai magistrati che Rodolfo Scali era entrato a far parte della cosca “scissionista” di Mammola, in provincia di Reggio Calabria. Era il periodo in cui in quelle zone della Locride si girava a bordo di fuoristrada blindati. Anni dopo Rodolfo Scali ha fatto strada: ha scalato le gerarchie della ‘ndrangheta tanto da diventare prima referente del locale di Cuorgné, in Piemonte, e poi capolocale di Mammola. Già coinvolto in passato nelle indagini “Prima Luce”, “Crimine” e “Minotauro”, Scali è un personaggio rispettato e considerato dai mammasantissima. Non è un caso, infatti, che il suo nome compare in numerose inchieste contro le cosche della Locride e nel 2009 viene intercettato all’interno della lavanderia Ape-Green di Siderno mentre discute addirittura con il “mastro” Giuseppe Commisso delle cariche speciali concesse nei summit di Polsi.

Assieme al capo locale Scali, arrestato per associazione mafiosa ed estorsione, nell’inchiesta di oggi sono finiti in carcere il “capo società” di Mammola Damiano Abbate, il “crimine” Isidoro Cosimo Callà e gli affiliati Nicodemo Deciso, Nicodemo Fiorenzi, Raffaele Romeo, Domenico Spanò e Ferdinando Vincenzo Cimino. Oltre che per il poliziotto, il gip ha disposto i domiciliari per Salvatore Nicodemo Abbate, Enzo Fabrizio D’Alessandria e Francesco Antonio Staltari accusato di tentato omicidio. Staltari, infatti, la sera del 26 agosto 2016, sul lungomare di Siderno, all’uscita del lido “Kalahari” avrebbe esploso tre colpi d’arma da fuoco, da una distanza ravvicinata, nei confronti del titolare Antonio Pasqualino, colpendolo di rimbalzo. La vittima era stata colpita alla testa con una bottiglia da parte di un complice di Staltari che avrebbe sparato per vendicare il figlio Mirko aggredito nei giorni precedenti.

Con l’inchiesta “Malea”, la Dda ha stroncato il locale di Mammola individuando gli affiliati e ricostruendo la catena di comando della cosca guidata da Scali. Un locale di ‘ndrangheta che, secondo gli inquirenti, aveva proiezioni anche in Lussemburgo dove, con il coordinamento di Eurojust e il supporto dell’unità I-can del Servizio cooperazione internazionale di polizia, il fast team della Polizia nazionale sta eseguendo 3 delle 12 misure cautelari, per le quali è stato emesso un mandato di arresto europeo. Tra gli arrestati in Lussemburgo c’è il trentaduenne Ferdinando Vincenzo Cimino che nel Granducato risiedeva da tempo e lì agiva per conto della cosca Mammola.

Dalle indagini della squadra mobile, guidata da Alfonso Iadevaia, è emerso che gli indagati esercitavano sul territorio un asfissiante controllo criminale, imponendo il pagamento del pizzo agli imprenditori che eseguivano lavori pubblici nell’area di competenza. Il clan era capace di controllare la zona a cavallo tra la Piana di Gioia Tauro e la Locride condizionando l’imprenditoria e le attività nel settore boschivo, con il metodo delle estorsioni, e finanziandosi con la produzione e il traffico di sostanze stupefacenti. Tra le vittime delle richieste estorsive figurano anche i titolari delle giostre che vengono installate in occasione della festa patronale di San Nicodemo. Questi ultimi sarebbero stati costretti a corrispondere alla cosca un numero elevato gettoni o biglietti per poter usufruire gratuitamente delle attrazioni ludiche. Non è l’unica estorsione contestata dalla Dda agli arrestati che hanno imposto tangenti anche alla ditta che stava eseguendo i lavori pubblici sulla Limina, nel tratto stradale ricadente tra Mammola e Cinquefrondi e all’impresa che stava mettendo in sicurezza la scuola media del piccolo Comune di provincia.

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