Già i viaggi sulle navi da crociera, quelle di lusso, assomigliano vagamente a periodi di detenzione in prigioni più o meno dorate, figurarsi i lunghi periodi di “accoglienza” (o di detenzione?) in una grande chiatta trasportata e ancorata stabilmente a Portland, presso la costa del Dorset, che ospiterà 500 maschi adulti selezionati tra i richiedenti asilo giunti illegalmente nel Regno Unito a bordo delle tanto invise “small boats”, le piccole imbarcazioni che attraversano a centinaia la Manica, ossessionando, per ragioni elettorali più che umanitarie, i governi conservatori.

La chiatta, che si chiama Bibby Stockholm, è stata presa a noleggio dal Bibby Line Group Limited, per conto del Ministero degli Interni, da Corporate Travel Management (CTM), una società di viaggi australiana già oggetto di critiche per la sua gestione degli hotel Covid. Secondo l’Independent, Corporate Travel Management ha concluso un lucroso accordo biennale a febbraio, senza gara, settimane prima che il governo rivelasse che avrebbe utilizzato una chiatta come primo alloggio offshore per i richiedenti asilo.

Costruita nel 1976, la Bibby Stockholm ha già ospitato richiedenti asilo ad Amburgo e a Rotterdam ed ha anche dato alloggio ai lavoratori delle piattaforme petrolifere delle Shetland e dei parchi eolici in Svezia. Prima di essere trasportata a Portland è stata riparata e riallestita a Falmouth. I lavori, anche al malconcio scafo in acciaio, sono durati a lungo e si presume che siano costati non poco, nonostante il governo, che non ha fornito le cifre, sostenga che le chiatte siano più economiche degli alberghi per i migranti.

L’idea delle chiatte è stata sviluppata parallelamente all’iter di approvazione di una legge sull’immigrazione illegale (Illegal Migration Act 2023). Tutti gli emendamenti apportati a questo disegno di legge dalla Camera dei Lord sono stati respinti e il ministro per l’Immigrazione, Robert Jenrick, ha affermato: “Il messaggio e i mezzi devono essere assolutamente chiari e inequivocabili: se le persone vengono nel Regno Unito illegalmente, non potranno rimanere qui. Verranno invece trattenute e rispedite nel loro paese d’origine o trasferite in un paese terzo sicuro. Non ha senso approvare una legge che non fornisca un deterrente credibile o non fornisca i mezzi per sostenerlo con poteri di esecuzione efficaci e rapidi. Non possiamo accettare emendamenti che prevedono eccezioni e scappatoie che servirebbero solo a perpetuare l’attuale ciclo di ritardi e di infiniti e ripetuti ricorsi nei tribunali”.

Peccato che l’orgogliosa sicurezza del ministro, certamente gradita agli elettori del partito al governo, non tenga conto, solo per fare un esempio fra i tanti, dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu): “Proibizione della tortura. Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, per cui non sarebbe possibile la deportazione di un individuo in un paese dove potrebbe ragionevolmente correre il rischio di venire assoggettato a simili trattamenti, nonostante il governo britannico ritenga di poter decidere autonomamente quali sono i “paesi sicuri”.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo considera tale principio come assoluto e inderogabile, indipendentemente dalla condotta della vittima, ma i critici non sopportano che l’adesione alla Cedu consenta ai giudici europei di interferire bloccando una legge britannica che introduce una politica di immigrazione più rigida.

Dall’ex Primo Ministro, Boris Johnson, all’ex ministro della Giustizia, Dominic Raab, insofferenti dei ricorsi presso la Corte Europea, sono già partiti, nel tempo, alcuni tentativi di recedere dalla Cedu, unico ostacolo alla piena realizzazione della Brexit, ma finora si è trattato di parole, di campagna elettorale condotta con altri mezzi. Basti riflettere sulle conseguenze interne di un passo del genere, che coinvolgerebbe anche gli Accordi del Venerdì Santo, che prevedono che: “Il governo britannico completerà l’incorporazione nelle leggi dell’Irlanda del Nord della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), compreso l’accesso diretto ai tribunali e ai rimedi per la violazione della Convenzione, e il potere per i tribunali di annullare le leggi dell’Assemblea per ragioni di incompatibilità”.

Dunque gli Accordi del Venerdì Santo garantiscono che i diritti sanciti dalla Cedu possano essere invocati dai cittadini dell’Irlanda del Nord ma, in caso di recesso del Regno Unito dalla CEDU, questi diritti verrebbero negati anche nell’Irlanda del Nord, violando così gli Accordi. Né il Regno Unito potrebbe recedere dalla Cedu in modo selettivo, lasciandola in vigore solo nell’Irlanda del Nord: la Cedu non lo consente (vedi l’articolo 1: Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo – Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione). Un vero ginepraio in cui forse neppure i Johnson e i Raab vorrebbero davvero avventurarsi.

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