Dopo 'Algeria del Sud', l'archeologa che è nel Paese da più di 25 anni mette in luce un Paese legato alle tradizioni ma rivolto al futuro con la nuova guida 'Algeria del Nord'
C’è un luogo al mondo ancora poco conosciuto dai turisti occidentali, un posto dove è possibile girare da soli, nel silenzio, tra i resti di un’antica città romana come Timgad, la Pompei africana; dove ti puoi ritrovare, senza alcun atro europeo attorno, in un villaggio disperso del Sahara a contrattare mortai di terracotta con un anziano berbero: è l’Algeria.
Se per anni si è pensato che il Paese dove è vissuto e morto Charles De Focauld e dove è cresciuto Albert Camus, fosse inaccessibile ai turisti ma solo ai viaggiatori per motivi di lavoro, oggi non è così.
Lo testimonia l’efficace lavoro che sta facendo l’archeologa Oriana Dal Bosco che frequenta il Paese Nord Africano da venticinque anni e nelle scorse settimane ha pubblicato Algeria del Nord per i tipi di Polaris Guide. Non essendoci guide in versione italiana (nemmeno la Lonely Planet ha una versione recente), il testo scritto dalla studiosa e viaggiatrice torinese, fornisce uno strumento essenziale per chi vuol intraprendere un percorso di scoperta dell’Algeria.
Preceduto da Algeria del Sud (uscito sempre per Polaris nel 2017) il nuovo libro di Dal Bosco prende per mano il viaggiatore accompagnandolo nelle città a Settentrione: Algeri, Orano, Bechar, Annaba, la città di Sant’Agostino; Costantine e tante altre. Un posto del mondo in cambiamento dice la stessa Dal Bosco: “L’Algeria è un Paese che si distingue da tutti gli altri Stati che compongono il Nord Africa, così attaccato alla tradizione, ma nonostante questo è proiettato nel futuro: nell’ultimo ventennio, ha praticamente cambiato faccia. Djanet e Tamanrasset non si riconoscono più nelle piccole oasi del deserto ma sono diventate città; il restyling delle grandi città costiere è tutt’ora in atto, mentre gli edifici vengono restaurati, le strade sistemate e i giardini pubblici ripuliti; si vedono un gran numero di gru e palazzi che nascono come i funghi…”.
E aggiunge: “Se dovessi riassumere l’Algeria in due parole direi che è un Paese che si sta scrollando di dosso la pelle vecchia”. Nella guida, Del Bosco, dopo i cenni storici e alcune informazioni utili (documenti di ingresso; valuta, fuso orario etc) dedica ad ogni città pagine preziose che permettono non solo di avere delle spiegazioni professionali sui monumenti da visitare ma di entrare nel ventre della città.
Il tutto arricchito, tra un paragrafo e l’altro, di curiose storie di personaggi europei che hanno conosciuto l’Algeria come quella della parigina Etienne Dinet, vissuta nel deserto e convertita all’Islam: nella piccola oasi di Bou Saada la sua casa è oggi un museo. La scrittrice, tra l’altro, ricorda anche l’esploratore Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà, che nel 1898 si trasferì e sposò ad Algeri così come Luigi Balugani, architetto, disegnatore che nel 1765 partì per l’Algeria dove morì sei anni più tardi.
Algeria del Nord, è più di una guida. Unico difetto: l’assenza di qualche mappa delle città principali per potersi orientare.