La crisi climatica globale non risparmia neanche la regione del Maghreb che nelle ultime settimane si ritrova come rinchiusa in un cerchio di fuoco. Gli scienziati classificano la regione mediterranea, e soprattutto quella del Nordafrica, come un “hotspot” del cambiamento climatico mentre il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici avverte di ulteriori ondate di caldo, fallimenti dei raccolti, siccità, innalzamento dei mari e afflussi di specie invasive nell’intera zona. E molti Paesi, dall’Algeria al Marocco, sono già in piena crisi.

ALGERIA – Secondo quanto riporta il ministero dell’interno algerino, almeno 34 persone sono morte a causa degli incendi boschivi che dalla notte del 23 luglio stanno colpendo diverse province nel nord del Paese. Le notizie sui decessi sono arrivate lunedì quando le temperature hanno raggiunto i 48 gradi in alcune parti del paese nordafricano. Negli ultimi giorni, in tutto il Paese si sono registrati 97 incendi in 16 province, con epicentri a Bejaia, Bouira, a circa 100 chilometri a sud-est della capitale Algeri, e Jijel, dove più di 1.500 persone sono state evacuate dalla protezione civile. Il ministero della Difesa ha inoltre affermato in un comunicato che “durante l’evacuazione, a causa della rapida diffusione del fuoco e dei fumi, il personale militare è rimasto intrappolato”, evento che “ha causato la morte di 10 soldati, oltre al ferimento di altri 25 militari con lesioni di varia gravità”, mentre fonti locali dello stato di Bejaia hanno riferito della morte di un’intera famiglia di sei persone intrappolate tra le fiamme. Proprio per ciò che è successo a Bejaia, le forze dell’ordine hanno arrestato 14 presunti piromani che si sospetta siano responsabili di alcuni dei roghi divampati nell’area. Algeri ha dispiegato sul campo 7.500 agenti della Protezione civile e 350 autocarri, oltre a mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi, e ha annunciato lo stato di “massima allerta”.

TUNISIA – Anche nella vicina Tunisia le squadre antincendio continuano i loro sforzi per controllare un enorme incendio a Tabarka e Jebel Malouleh, nella regione occidentale di Jendouba, a seguito di un aumento record e senza precedenti delle temperature che hanno sfiorato i 50 gradi sull’intero territorio del Paese. A Tabarka, vicino al confine con l’Algeria, a ovest, gli incendi continuano a bruciare nella zona di Ain al-Subh, rinvigoriti dai forti venti e dal caldo intenso che ha colpito la regione da lunedì. Sempre vicino al valico di frontiera con l’Algeria proseguono inoltre gli sforzi per contenere l’incendio che da circa una settimana sta bruciando il Monte Maloula. Ci sono poi almeno altri quattro roghi scoppiati in aree boschive nelle regioni di Beja, Ben Arous, Biserta e Silian. Il portavoce della Protezione civile tunisina ha spiegato che 156 persone che hanno avuto difficoltà respiratorie sono state evacuate e trasferite all’ospedale regionale di Tabarka. L’esercito ha anche evacuato più di 300 persone dal villaggio di Maloula. Per molti in Tunisia l’attuale ondata di caldo è un’anomalia preoccupante e per i migranti e i rifugiati africani che vivono in condizioni difficili nelle città e nel deserto potrebbe risultare addirittura fatale. “Non possiamo sopportare tutto questo, non ci sentiamo riposati. Ogni giorno siamo stressati”, ha detto all’emittente televisiva araba Al Jazeera uno dei circa cento migranti e rifugiati irregolari che dormono fuori dall’edificio dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Un altro ha spiegato invece che “il terreno è caldo, molto caldo, anche di notte, anche in una tenda”, sottolineando l’impossibilità di dormire di notte.

MAROCCO – In Marocco invece la situazione sembra un po’ più sotto controllo anche se il Paese non è stato risparmiato dagli incendi e dall’ondata di calore che ha colpito l’intera regione mediterranea nelle ultime settimane. Mohamed Sadiki, ministro dell’Agricoltura, ha spiegato che “da circa un mese non passa giorno senza che si registrino da 5 a 6 incendi in diverse regioni del Marocco” spiegando però che “quest’anno gli incendi sono stati in luoghi disabitati, a differenza dell’anno scorso”. In realtà il Paese soffre un altro problema sempre legato al cambiamento climatico: la siccità. Un recente sondaggio condotto da Afrobarometer ha rivelato che secondo il 66% dei marocchini la siccità è diventata più grave negli ultimi 10 anni. Afrobarometer rileva infatti che il Marocco ha vissuto il suo anno più caldo degli ultimi 40 anni nel 2022, con la stagione agricola più secca mai registrata. Il 54% dei partecipanti al sondaggio ha inoltre dichiarato di aver sentito parlare del concetto di cambiamento climatico e di conoscerlo e circa i due terzi hanno affermato che il cambiamento climatico “sta peggiorando la vita” in Marocco. Secondo un report dell’istituto tedesco Hinrich Paul Stiftung, “la siccità ha cambiato la vita” soprattutto “nella regione sud-orientale del Marocco e ha riconfigurato le pratiche di irrigazione“. Nel periodo dal 2000 al 2019, il prelievo idrico è passato da 1 milione di metri cubi per irrigare 250 ettari a 21 milioni di metri cubi per irrigare 3.500 ettari, secondo uno studio condotto dall’Agenzia del bacino idrico di Draa-Oued Noun, indicando che questa situazione ha creato uno squilibrio nelle falde acquifere della regione.

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