Cari concittadini padani,
Non mi sento un uomo di pianura ma, che mi piaccia o no, sono nato tra campi di mais e allevamenti di suini, tra nebbia e cotechini ma anche in una terra tra le più inquinate al mondo. E qui, nonostante desideri da tempo vivere al Sud (cosa che mi è impossibile per il mio lavoro da maestro), sono costretto a vedere, la notte, i fumi delle aziende che si levano al cielo, sentendo l’odore acre di qualche ditta chimica o quello del letame degli allevamenti intensivi che hanno aggredito la “Padania”.

In queste ore, cari concittadini, ero a casa tra un viaggio e l’altro e nella notte tra lunedì e martedì ho assistito a uno di quegli eventi che resteranno nella storia di questa terra (come la nevicata del 1985): una grandinata mai vista prima d’ora che ha devastato terreni, aziende, case, macchine. I chicchi di ghiaccio che precipitavano, nel buio, sui nostri tetti, spaccando le tegole in molteplici pezzi, facevano paura. Ci siamo risvegliati come se fossimo in guerra. Qualcuno non aveva più un tetto. In molte aziende gli operai non hanno potuto mettere piede. Centinaia di persone si sono ritrovate ad avvolgere le macchine con teli di fortuna. La pianura, nonostante nel tardo pomeriggio fosse spuntato il sole, sembrava più triste. Nessuno martedì sghignazzava nelle piscine che spuntano in ogni villa o villetta; nessuno aveva voglia di aperitivi al bar; di “bianchini” di prosecco prima di cena.

La pianura ha risposto con la sua solita operosità. Per tutta la giornata si sono visti sui tetti operai a cercare di mettere una benda alle ferite inferte. Ho visto sindaci armati di pala, altri sugli Apecar in giro per le strade a rimuovere in fretta e furia alberi e foglie, quasi a voler cancellare questo evento che inevitabilmente si ripeterà. E poi il mantra di tutti, quasi rassegnati: “E’ il cambiamento climatico”.

Ma chissà se qualcuno si è messo una mano sul petto battendolo più volte: questa catastrofe l’hanno voluta i padani. Come ha ben spiegato Mario Tozzi ieri su La Stampa, “le quantità di calore sempre maggiori in atmosfera sono in grado di investire città e uomini, alimentare le correnti ascensionali che incrementano le dimensioni dei chicchi di grandine e seccare fiumi e boschi, dando più energia e spazio agli incendi. D’altro canto, tutta questa energia termica in sovrabbondanza viene evacuata attraverso perturbazioni meteorologiche a carattere violento. Di tutti gli specialisti che studiano le cause del cambiamento climatico, oltre il 97% afferma che è a causa delle attività dell’uomo”.

Ora, ripetere la storiella che tutti siamo coinvolti (seppur vero, me compreso che acquisto su Amazon) non serve. Chi ci ha portati a questo punto è stata la politica “palazzinara” e compiacente con gli industriali di questa terra, che a partire dagli anni Ottanta ha svenduto la pianura al consumismo. Negli anni di Bim Bum Bam e del Festivalbar, mia madre e mio padre anziché andare a prendere il prosciutto cotto da Ezio, alla bottega del paese, iniziarono a emigrare nei primi santuari del consumismo che si chiamavano “Standa” (di Silvio Berlusconi) e Coop.

Nel giro di un paio di decenni i campi avevano lasciato spazio agli iper-super di ogni padrone e padroncino che muovevano milioni di auto che producevano inquinamento, ovvero calore nell’atmosfera. Gli stessi sindaci, in cambio di qualche finanziamento elettorale, permettevano a industrie chimiche, meccaniche, tessili, siderurgiche (vedi Arvedi a Cremona) di realizzare imperi che avrebbero prima o poi sacrificato il nostro ambiente per i loro affari.

Quando negli anni Novanta feci il consigliere comunale mi ero battuto invano contro l’espansione di un’azienda chimica. Risultato? Oggi quella ditta ha divorato ettari, muove centinaia di camion ogni giorno, è grande quanto mezzo paese ma per indorare la pillola ha costruito un palazzetto dello sport e un laboratorio per la scuola.

Sempre loro, sempre i politici padani (votati dai padani in cambio di posti di lavoro), trent’anni fa dirottavano l’agricoltura verso l’allevamento intensivo: la cascina de L’albero degli zoccoli veniva abbandonata per lasciare spazio a capannoni con 600 bovini e ai suv dei contadini del Duemila. Restavano e restano i bei proclami, i bla bla bla sull’ambiente e l’illusione di essere “green” con le giornate intitolate “Puliamo il mondo”, dove i primi cittadini e gli assessori padani si fanno vedere a raccogliere quattro lattine e qualche mozzicone con i bambini delle scuole.

A loro, ai politici padani, dobbiamo il nostro grazie per la catastrofe di questi giorni. Ormai è tardi. Ai loro figli lasciano un mondo peggiore di quello che hanno trovato. Chissà se un giorno, oltre al film Chiamami con il tuo nome, che ha mostrato al mondo fontanili e campi vergini, ci sarà un Guadagnino che farà vedere e capire l’altra faccia della pianura Padana. Quella non da cartolina.

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