Cultura

Il Rigoletto di Aliverta è un travestito alle orge del Duca. Altro che scandalo: così il capolavoro verdiano sembra riprodotto in realtà aumentata

La produzione di VoceallOpera allo Stresa Festival si conferma di alta qualità a fronte di della poca spesa (anche per gli spettatori). Ne viene fuori una versione ridotta che è immersiva e itinerante, con i primi due atti nel magnifico giardino del municipio di Orta, sulla riva del lago, e il terzo sull'isola di San Giulio. Il tocco di lusso? L'ultima "Donna è mobile" è cantata da una barca a remi portata al largo

Orge con bagordi, frizzi e lazzi, vecchi maiali che si approfittano di giovani fanciulle come minimo inconsapevoli e come massimo abusate, notabili che si credono impuniti o lo sono, i loro lacché che fanno di tutto per accontentarli e divertirli, procurando una risata o una notte di piacere con qualche squinzia circuita – tra le due cose non c’è differenza. Sul fatto che Giuseppe Verdi abbia sublimato queste storie di tutti i giorni, da cronaca di giornali, nel Rigoletto composto quasi duecento anni fa è stato scritto quasi tutto e con il massimo dei saperi. Il regista Gianmaria Aliverta, con la sua ultima produzione di VoceAllOpera del capolavoro verdiano allo Stresa Festival, lo ridisegna in una versione ridotta che produce tuttavia un effetto inverso: per quanto “tagliata” il capolavoro verdiano sembra riprodotto in realtà aumentata.

Per una volta, evviva, non c’entrano né il 3D né qualche intelligenza artificiale. La scena si muove infatti nel giardino (magnifico) del Comune di Orta, affacciato sul lago, tra un palchetto ampio non più di un salotto e, rialzata su qualche gradino, una piccola dependance-biblioteca municipale dalla quale i protagonisti cantano affacciandosi alle piccole finestre di vetro. Un’esperienza immersiva non come certe mostre di arte figurativa un po’ truffaldine. Qui i cantanti – in carne, ossa e corde vocali – si muovono all’altezza e a un metro dal pubblico e quando Gilda viene caricata di peso dai picciotti ruffiani del Duca di Mantova in faccia a una coppia di spettatori agée questa si mette comprensibilmente sul chi va là. Di più: quando nel terzo atto la trama si sposta alla locanda di Sparafucile (il sicario foraggiato da Rigoletto) il trasloco riguarda tutto il – chiamiamolo – teatro: dopo l’ultimo intervallo spettatori, cantanti, musicisti, regista, costumista prendono baracca e burattini e si imbarcano sui battelli per guadare il lago e raggiungere l’isola di San Giulio. Qui, sullo scalandrone che porta alla basilica, mentre la musica e le arie si mescolano con lo sciabordio dell’acqua mossa da qualche motoscafo, in un abbraccio tendente all’idillio, avviene finalmente lo scioglimento della trama che peraltro sempre quello è: Rigoletto tenta di convincere la figlia Gilda che il Duca che l’ha deflorata in realtà è un mascalzone puttaniere, ma lei ormai ne è innamorata persa e per un intreccio da thriller psicologico muore ammazzata, sacrificandosi proprio al posto del mascalzone. Il tocco di lusso è l’ultimo Donna è mobile che – secondo le sacre scritture verdiane – si sente in lontananza ed è il primo indizio che fa capire a quel rintronato di Rigoletto che nel sacco che sta trasportando non c’è il corpo senza vita del Duca come aveva tentato di orchestrare, ma quello esanime di sua figlia. E qui quell’ultimo beffardo colpo di coda del Duca – La donna è mobile – avviene a bordo di una barca di legno portata un poco al largo, alle spalle del pubblico, condotta a remi da un barcaiolo di un certo livello (il sindaco di Orta San Giulio Giorgio Angeleri, giustamente molto compreso nella parte).

Fin qui la costruzione scenica che si può definire magica senza tema di eccesso di retorica anche per il contributo di madre natura. E’ tutta di Aliverta, invece, l’idea di rendere questa storia più viva di quanto già non sia attraverso la trasformazione del protagonista, anche grazie ai magnifici costumi di Sara Marcucci. Rigoletto è gobbo, deforme: Verdi voleva un personaggio che provoca uno shock, uno scandalo per chi lo vede. E nella società di oggi, secondo il regista, cosa c’è di più scandaloso, di emarginato e additato con raccapriccio di un uomo che “pretende” di vivere la sua vita vestito da donna? Così il suo Rigoletto è un armadio imponente – altro che gobbo – e indossa una gonna, si infila una parrucca nera, calza delle scarpe lucide rosso ciliegia e si pittura le labbra con il rossetto. Per qualcuno tutto questo potrebbe essere sufficiente per giocare a mosca cieca sul podio dell’orchestra. L’effetto per chi l’ha visto, invece, è di una storia che restituisce a doppia velocità le emozioni che Rigoletto suscita: a volte disgusto, a volte pena. La sua ambiguità viene acuita dal continuo vestirsi e spogliarsi quasi febbrile, soprattutto quando prova a nascondere alla povera figlia cosa fa davvero nella vita (la maitresse, chiamiamo le cose col loro nome) e conferisce potenza accresciuta alle scene di disperazione (la parrucca sconvolta, il rossetto slabbrato) di un uomo che si rivela davvero piccolo d’animo, complice ridanciano delle bassezze del Duca finché non toccano lui (e allora Cortigiani, vil razza dannata), padre amorevole fino al soffocamento nel privato familiare.

A dare qualità al progetto c’è da una parte il ripensamento anche musicale, curato da Giacomo Mutigli, per la necessaria riduzione dovuta alla forma minuta della messa in scena: l’orchestrazione light è con fisarmonica, violoncello e clarinetto, sotto la direzione accurata di Cesare Della Sciucca. E dall’altra il cast composto da giovani che hanno l’avvenire dalla loro, come Sabrina Sanza (Gilda) impeccabile in una parte che ormai ha perfezionato: rimane impresso il dettaglio della sua incredulità quasi sarcastica del momento in cui scopre che lavoro fa il padre, e soprattutto come si veste. VoceallOpera ha dieci anni e non perde il vizio di non tradire né le sue leggi non scritte ma ferree (bassi costi di produzione, bassi costi per chi paga il biglietto, “evangelizzazione” della lirica nelle periferie, valorizzazione di artisti under 35) né, mai, il suo pubblico.

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Rigoletto | Musica di Giuseppe Verdi, libretto di Francesco Maria Piave
Stresa Festival | Municipio di Orta San Giulio

Cast
Rigoletto | Gustavo Castillo
Il Duca | Giuseppe Infantino
Gilda | Sabrina Sanza
Maddalena/Giovanna | Camilla Antonini
Sparafucile/Monterone | Federico De Antoni

Concertatore preparatore | Marco Alibrando
Concertatore | Cesare della Sciucca
Fisarmonica | Katerina Haidukova
Violoncello | Paolo Tedesco
Clarinetto | Greta Ferrario

Riduzione drammaturgica e musicale | Gianmaria Aliverta
Adattamento musicale | Giacomo Mutigli

Regia e scene | Gianmaria Aliverta.
Costumi | Sara Marcucci
Assistente scene | Francesca Donati
Assistente costumi | Erika Chilò

Comparse
Cortigiani | Giordano Buset – Francesco Esposito
Barcaiolo | Giorgio Angelieri (sindaco di Orta San Giulio)

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