Se nel mondo un bambino su tre è vittima di sfruttamento, in Italia le nuove vittime nel 2021 sono state nel complesso 757, di cui 264 minori (il 35%). Fra i minori si evidenzia una prevalenza femminile: 168 contro 96 maschi. Save the Children ha diffuso il rapporto “Piccoli schiavi invisibili” , la dodicesima edizione dello studio sulle vittime di tratta e sfruttamento minorile, in vista della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani.
In Italia le vittime prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2022 sono state 850, di cui il 59% donne e l’1,6% minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), con il Pakistan (8,5%) e il Marocco (6,8%) a seguire. Oltre a loro anche Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%) riportano dei dati piuttosto allarmanti. Fra le forme di sfruttamento maggiormente praticate prevalgono quelli di natura sessuale (38%) e lavorativa (27,3%).
All’interno del rapporto è contenuto anche un focus sui figli “invisibili” di genitori sfruttati nel lavoro agricolo in alcune zone d’Italia, a grave rischio nell’accesso alla scuola e alle cure sanitarie. “Questa dimensione così grave dello sfruttamento troppo spesso, sino ad oggi, è stata ignorata. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Il filo rosso del percorso scolastico dei figli dei braccianti che lavorano nelle province di Latina e Ragusa si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Questi alcuni dati del rapporto, che accende un faro sulla condizione dei minori che vivono in questi territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo. Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per ‘dare una mano’ nel periodo di raccolta. Per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi ma il pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto.
Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi recentemente da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.