La Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse statunitensi di un altro quarto di punto, portandoli ad un valore compreso tra il 5,25% e il 5,5%. Potrebbe essere l’ultimo di una fitta serie di rialzi (11 interventi in 12 riunioni del comitato monetario) iniziata nel marzo del 2022 e che, in un anno e mezzo, hanno innalzato i tassi dallo zero ad oltre il 5%, il livello più alto da 22 anni. La stretta monetaria è stata attuata per cercare di contrastare l’inflazione. Lo scorso giugno il carovita negli Usa si è attestato al 3%, non lontano dal valore considerato ottimale dalla banca centrale americana. Tuttavia la banca centrale sottolinea che l’inflazione resta elevata e non esclude quindi ulteriori rialzi dei tassi di interesse.

“La Fed è impegnata a riportare l’inflazione del 2%: la stabilità dei prezzi è necessaria per consentire all’economia di funzionare per tutti e soprattutto per un mercato del lavoro forte”, afferma il governatore Jerome Powell, sottolineando che la banca centrale adotterà un approccio dipendente dai dati per i futuri rialzi. “Il processo per riportare l’inflazione al “2% è ancora lungo“, aggiunge Powell. “Ci vorrà del tempo prima che il pieno effetto dei nostri rialzi dei tassi si materializzi”, afferma il governatore Powell. “Non abbiamo preso alcune decisione sui futuri rialzi, decideremo riunione per riunione”, spiega Powell mettendo in evidenza come il calo dell’inflazione di giugno sia è una buona notizia ma si tratta di un solo mese. “E’ possibile un rialzo dei tassi a settembre se i dati lo richiederanno, ma è possibile anche una pausa”, aggiunge spiegando però che “Dobbiamo mantenere i tassi alti per diverso tempo”. Nel 2023 non sono quindi previste riduzioni.

Domani si riunirà il consiglio direttivo della Banca centrale europea da cui è atteso un ulteriore rialzo dei tassi della zona euro. Gli analisti si attendono un ritocco dello 0,25% con un costo del denaro al 4,25%. A far ponderare la mossa con maggiore attenzione potrebbero essere i dati sull’andamento di prestiti a imprese e famiglie diffusi ieri dalla stessa Bce. “La domanda netta di prestiti delle imprese è fortemente diminuita nel secondo trimestre del 2023, scendendo ai minimi storici dall’inizio dell’indagine nel 2003″, scrive la banca centrale nel ‘Bank lending survey’ spiegando che il calo “riflette l’impatto dell’aumento dei tassi di interesse sulla domanda di prestiti e sulla crescita economica”. Per il terzo trimestre le banche “prevedono un’ulteriore diminuzione netta della domanda di prestiti alle imprese, ma molto inferiore rispetto al secondo trimestre”.

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