Cosa è Napoli nel luglio del 2023? Una Venere ammalata, piena di stracci e di roghi tra campi rom e maxi inceneritori da ingrandire, che può prendere un Freccia Rossa una volta al mese per rifugiarsi tra le ceneri di Pompei ma che può farsi visitare non prima di un mese pure se va al Pronto soccorso e che, superati i primi dieci giorni del mese di agosto, dovrà pagarsi di tasca propria anche la mammografia di controllo.
Sin dal primo momento in cui abbiamo ammirato l’installazione della “Venere degli stracci” di Pistoletto nell’orribile deserto lavico e vuoto della attuale Piazza del Municipio di Napoli, abbiamo avuto la sensazione di un’opera bellissima e significativa per noi napoletani, ma ancora “incompleta”. Per chi, come noi, ha girato per decenni le meravigliose ma degradate campagne della ex Campania Felix oggi Terra dei Fuochi, dove i cumuli di stracci e scarti di lavorazione di vestiti, scarpe e borse si sommano ai detriti di amianto e rifiuti ospedalieri ogni giorno ormai da oltre 30 anni, la sensazione “tecnica” era precisa: è la rappresentazione artistica delle migliaia e migliaia di cumuli stracci e scarti di lavorazione di scarpe borse e vestiti pronti e prossimi a essere incendiati in Terra dei Fuochi.
E così è stato: l’opera non è stata distrutta, è stata “completata” con il suo bel rogo al centro di Napoli, mentre nella periferia tutti i campi rom in piena attività di smaltimento illegale di rifiuti speciali bruciano offrendo il proprio contributo all’olocausto dei non meno dieci napoletani al giorno che muoiono in eccesso e in maniera evitabile per inquinamento ambientale. Ogni giorno da oltre trenta anni.
Mentre la Venere di Pistoletto bruciava veniva infatti pubblicato il report Ispra rifiuti speciali 2023, dove, da ormai oltre trent’anni, la Campania brilla sempre per l’eccezionale dato di essere da sempre l’unica regione di Italia che non ha, perché non li vuole, nessun impianto per lo smaltimento finale lecito di qualsivoglia rifiuto speciale, pericoloso o non pericoloso, lasciando quindi alla riconosciuta bontà e filantropia di qualunque impresa campana, camorristica o meno, la libera scelta o di riciclare o di mandare in giro per il mondo o di smaltire illecitamente in loco, qualsivoglia rifiuto speciale, dal semplice frigorifero alle carcasse di auto ai fanghi di depurazione tossici che i nostri depuratori non sono da sempre in grado di smaltire al loro interno, come pure erano stati progettati.
I rifiuti urbani sono diminuiti a non oltre 1.2 chili pro capite al giorno mentre nel 2009 erano non meno di 1.5 chili, ma abbiamo adesso appreso dal report Ispra 2023 che, alla faccia di qualunque proclamato incremento o attività di economia circolare, i rifiuti speciali da gestire, sempre a zero impianti in Campania, sono diventati ben 9.1 milioni di tonnellate all’anno, pari quindi a non meno di quattro chili pro capite die a testa legali e dichiarati, cui dobbiamo aggiungere non meno di un altro 1.5 chili di rifiuti speciali prodotti “a nero” (30% stimato evasione fiscale media) e quindi da smaltire obbligatoriamente in maniera illecita con danno certo alla salute pubblica.
A causa dell’incremento del costo dei trasporti e per le enormi difficoltà a girare per il mondo per colpa della guerra in Ucraina, sono quindi tornati a bruciare i campi rom: sesta fase di Terra dei Fuochi campana. Soltanto chi segue questo umile blog può avere dati certi e idee chiare sulla produzione complessiva dei rifiuti in Campania 2009 vs 2019, che ora completeremo vs 2021 grazie all’appena edito report Ispra.
Ispra certifica per un solo anno l’incremento di ben 18 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti in Italia: merito (o colpa?) dei famosi superbonus dell’edilizia. 18 milioni di tonnellate in più in un solo anno sono pari ad oltre la metà di tutti i rifiuti urbani prodotti ogni anno in tutta Italia, in costante decremento per la gravissima crisi economica e l’inflazione che ci sta torturando, mentre i rifiuti speciali prodotti crescono, crescono sempre, e senza alcun controllo certificato dal momento che ora siamo pure certi che il Rentri non sarà operativo prima di almeno altri due anni!
Il maestro Pistoletto ha compreso perfettamente il senso di quello che è accaduto “E’ come un’autocombustione del lato peggiore dell’umanità”, “In qualche modo è un atto di guerra. L’opera serve proprio a evidenziare il contrasto tra il degrado della società e la bellezza salvifica. Napoli è quella Venere, ma purtroppo ha ancora troppi stracci”.
Esatto! Sono non meno di seimila tonnellata al giorno, ogni giorno, e non solo di stracci ma di scarpe, borse, amianto e rifiuti edilizi e ospedalieri, prodotti in regime di evasione fiscale “a nero” che vengono accumulati e poi dati alle fiamme da ormai non meno di trenta anni, uccidendo (e anche questo è ormai ufficiale e certificato dalla Ue e non da organismi campani), non meno di dieci cittadini campani al giorno, ogni giorno da oltre trent’anni, in maniera evitabile e per niente evitata.
Come Michelangelo Merisi da Caravaggio in Lombardia nel 1607 con la sua tela Le sette Opere di Misericordia corporale fotografò in maniera perfetta la realtà della Napoli di inizio Seicento anticipando di 40 anni il degrado igienico sanitario dei vicoli (ovviamente senza essere compreso, e questo ci condusse alla disastrosa peste che uccise tre napoletani su quattro 40 anni dopo), Michelangelo Pistoletto da Biella ha fotografato in maniera perfetta la Napoli del terzo millennio: Venere bellissima e povera, che vive e sopravvive lavorando “a nero“ tonnellate di stracci ogni giorno e che per questo, quale conseguenza di questo, rimane uccisa o storpiata dai roghi dei suoi cumuli di stracci.
Venere degli stracci e dei roghi, la fotografia perfetta di Napoli e della (sempre negata) Terra dei Fuochi di questo inizio di terzo millennio come Le sette Opere di misericordia corporale di Michelangelo Merisi da Caravaggio lo sono state per la Napoli di inizio Seicento. Riusciremo a capirlo prima che sia troppo tardi?