Amo viaggiare in treno. Mi piace la montagna, adoro il mare. Pranzo volentieri al ristorante. Non mi esalto se devo frequentare uffici pubblici, ma se risolvo una pratica seccante, ne esco contenta. Da tempo, però, molti di questi luoghi, e anche tanti altri, sono diventati alimento al nervosismo. Perché? perché la maleducazione aumenta in quantità e in arroganza: e ciò rende questi posti spesso inospitali. Alain Elkann, in un articolo su Repubblica, qualifica i maleducati con l’epiteto “lanzichenecchi”: per chi non lo sapesse, si chiamavano così i mercenari delle milizie tedesche tra Quattro e Seicento; non proprio dei modelli di finezza.

In un articolo che vuol essere leggero, come si addice a un pezzo di costume, Elkann s’inventa un viaggio in rapido da Roma a Foggia, in prima classe: mentre il treno transita per Caserta e Benevento, legge la Recherche di Proust (non facile da affrontare neanche davanti al caminetto in una giornata piovosa), prende appunti con la stilografica (ormai la si trova solo sul tavolo di qualche notaio), sfoglia giornali americani e inglesi (cartacei). I lanzichenecchi in questione sarebbero una frotta di giovani che schiamazzano, sghignazzano sulle ragazze da rimorchiare (evviva il sessismo), sono presumibilmente piuttosto ignoranti, di certo sguaiati e grossolani, e così via.

Apriti cielo. Piovono critiche lazzi improperi bipartisan sul (si fa per dire) povero Elkann, reo, tra l’altro, d’indossare un abito di lino, di viaggiare in treno quando invece potrebbe permettersi l’autista e macchine veloci. Facebook impazza, si pronunciano signore e signori di sinistra, destra, centro, semicentro; prendono la parola grilli e grille parlanti, quelli, per intenderci, che ogni giorno commentano qualsiasi cosa, la fame nel mondo, il cambiamento climatico, la scollatura di Belen, il costume della Meloni, le ricerche sul cancro, le colpe della scuola, l’ultimo concerto di Vasco eccetera eccetera. Insomma: Elkann va crocifisso.

Pochi sostengono che ha detto una cosa giusta. Questa: la maleducazione va montando, l’ignoranza dilaga, il cattivo gusto impera. Forse Elkann lo ha fatto in termini poco efficaci: ha puntato sul tratto elitario, e così si è messo – agli occhi di alcuni – dal lato del torto. In realtà, ha fatto ricorso a una figura retorica insidiosa: l’ironia. Con accento scherzoso ha inteso sottolineare concetti importanti: ma adottare un tono ironico, soprattutto per argomenti che scottano, è pericoloso anche per un giornalista o uno scrittore navigato. Dunque si può essere fraintesi.

Il problema non è però lo stile di Elkann, ma il fatto che molti lettori non abbiano còlto il senso del discorso. Lo hanno letto come lo sfogo di un signore “con i capelli bianchi, un marziano venuto da un altro mondo”, snob per classe, censo, atteggiamento, che s’infastidisce alla vista dei figli di chi ogni giorno lavora e tira la carretta. Il bersaglio di Elkann è invece un altro, ed è giustissimo: ossia la maleducazione che straripa, penetra in ogni dove e danneggia tutti noi, persone comuni, e a maggior ragione i poveracci.

Il disguido – a mio avviso – sta dunque per metà nella recezione dell’articolo. Siamo ormai incapaci di cogliere il senso del gioco, del divertimento, della leggerezza, dello scherzo? Comprendiamo solo lo sfogo, il diverbio, l’insulto, la parolaccia? Ma è bella una vita così, dove non c’è più posto per l’ironia, il sorriso, la risata intelligente? dove persino lettori colti travisano il significato di un testo? Ci dobbiamo abituare a usare le vignette perché il messaggio sia compreso dai più? La Repubblica avrà inteso trattare un fenomeno sociale preoccupante in uno stile lieve, anche un po’ scanzonato. E invece, dati i tempi, e il generale abbassamento delle capacità di ascolto e recezione, esso andava forse affrontato in maniera diretta, dura, severa. Così, per finire, a molti lettori è sfuggito il nocciolo. Peccato.

In ogni caso, suggerirei a Elkann di continuare a viaggiare in treno (ma anche con i bus). E di continuare spesso, più che può, a scrivere intorno ai “lanzichenecchi”, di ogni età e di ogni estrazione sociale, magari senza il velo dell’ironia. Può darsi che qualcuno, alla fine, si convinca a diventare meno maleducato. Insomma, è possibile, come dice il proverbio, che “a buttar l’acqua sui muri non venga più giù tutta”.

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