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Sinéad O Connor, anima tormentata dai problemi di salute mentale: “Sono un disastro dal giorno in cui sono nata”

Le ultime parole su Twitter risalgono allo scorso 6 giugno con un video della preghiera Ho'oponopono, un'antica pratica hawaiana per la riconciliazione e il perdono interiore. Quasi un testamento spirituale: “La dedico a tutti quelli che ho fatto soffrire, ma anche, con amore, a chiunque nella sua vita finora abbia portato sofferenza a me”

di Andrea Conti

Bassa autostima acuta, agorafobica, bipolare, ha tentato otto volte il suicidio (l’ultima volta dopo la morte del figlio 17enne Shane che si è tolto la vita lo scorso anno), ha subito abusi ed è stata torturata dalla madre alcolizzata e depressa, si è dichiarata per tre quarti eterosessuale e per un quarto gay. Tre mariti, quattro figli e un nipote. Ha subito un aborto e un’isterectomia. Tormentata dalla religione: prima in un movimento cattolico indipendente, facendosi ordinare prete nel 1999, poi la conversione all’Islam nel 2018. Un ritratto difficile e tormentato quello di Sinéad O Connor, scomparsa a soli 56 anni. Non si sa nient’altro sulle cause della morte, avvolta nel massimo riserbo come recita il comunicato della famiglia affidato all’Irish Times: “È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa della nostra amata Sinéad. La sua famiglia e i suoi amici sono devastati e hanno chiesto privacy in questo momento molto difficile”. Non una parola di più.

Poco dopo la morte del figlio Shane nel 2022, l’artista ha affidato ai social parole di profonda disperazione: “Non voglio essere in un mondo senza il mio Shane e senza gli altri miei figli. Non merito di vivere. È colpa mia. Non di un altro. Sono un disastro dal giorno in cui sono nata. Non è colpa dei miei genitori, della mia famiglia o dei miei figli. Dio mi ha fatta sbagliata. Sono persa senza mio figlio e mi odio. L’ospedale aiuterà un po’”. Poi la chiusura con parole che fanno venire la pelle d’oca oggi: “Ma troverò Shane. Questo è solo un ritardo”. Invece le ultime parole su Twitter risalgono allo scorso 6 giugno con un video della preghiera Ho’oponopono, un’antica pratica hawaiana per la riconciliazione e il perdono interiore: “Questa è dedicata ai tanti ai quali finora nella mia vita ho portato sofferenza ed è anche, con amore, per chiunque nella sua vita finora abbia portato sofferenza a me“. Sembra quasi un testamento spirituale.

La fama mondiale arriva nel 1990 con la celebre “Nothing Compares 2 U”, scritta da Prince. Il brano era stato accompagnato da un video potente con il bellissimo viso dell’artista su sfondo nero, mentre canta e si commuove. La stessa Sinéad aveva ammesso che le sue lacrime erano vere. Nonostante dieci album all’attivo, anche il rapporto con la musica non è stato facile. “Cantare era un sogno da adolescente. – ha dichiarato a La Repubblica – Avevo 14 anni quando ho cominciato. Lo facevo anche prima, ma non credevo che sarebbe diventato un lavoro. A casa successe un pandemonio quando comunicai la decisione. A mio padre per poco non venne un infarto. Mia madre è morta nel 1995, lui invece è vivo e vegeto e continua a dire: ‘Avresti dovuto seguire i miei consigli e trovarti un lavoro serio’”.

L’inizio della fine della sua carriera arriva il 3 ottobre 1992 quando al Saturday Night Live durante la sua esecuzione di “War” di Bob Marley, Sinéad strappò la foto di Papa Woytjla al grido di “Fight the real enemy!” (“Combatti il vero nemico”). Il riferimento era agli abusi della chiesa cattolica irlandese, avvolti nel silenzio, a quell’epoca, dentro le mura del Vaticani. Il rapporto con la religione cattolica è stato difficile: “Sono nata in Irlanda, un Paese in cui il cattolicesimo ha avuto forme di teocrazia fondamentalista non riscontrabili in altre nazioni. – ha dichiarato la cantante a L’Espresso – Così fin da piccola ho pensato che l’umanità dovesse liberare Dio dalla religione. Tutti quei dogmi e quei precetti non fanno che allontanarlo dalla nostra portata e ci impediscono di condividere il suo messaggio d’amore (…) Avevo 12 anni e stavo per promettere di servire lo Spirito Santo, un passo molto importante per me. Poi scopro che il sacerdote, terminato il rito, chiude l’ostia nel tabernacolo. Strano, mi son detta, prima ti insegnano che lo Spirito Santo è una colomba e poi lo chiudono in una gabbia d’oro. Da quel momento ho cominciato a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato nella religione cattolica”. Infine la più grande paura di Sinéad O’ Connor, la dipendenza dai soldi: “Ho paura che tutto dipenda dal denaro. Vagheggio un’epoca in cui il denaro possa essere eliminato e gli esseri umani vivano dello stretto necessario. Ogni volta che sono costretta a mischiare musica e business mi sento di merda”.

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