“Fu un piano eversivo che è stato sconfitto”. E quell’esperienza “ha dimostrato che sconfiggere le mafie è possibile”. Lo ha detto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel messaggio diffuso in occasione del trentennale degli attentati di via Palestro, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro. Il presidente ha ricordato che dopo la strage di Milano, in cui persero la vita i Vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’Agente di Polizia municipale Alessandro Ferrari e il cittadino del Marocco Moussafir Driss, e i tanti feriti a Roma, “Parlamento, Governo, Magistratura e Forze dell’ordine fecero sì che i capi mafiosi fossero assicurati alla giustizia e gli autori degli attentati condannati. La logica criminale è stata respinta anzitutto dalla civiltà e dalla dignità di un popolo che non ha rinunciato alla propria libertà, che ha saputo esprimere una cultura e una coscienza collettive inconciliabili con la pretesa di sopraffazione e con la disumana violenza insita nelle organizzazioni mafiose. Milano, come Roma, come Palermo, sono state alla testa della reazione sociale e civile“.
Una lezione, per Mattarella, “che conferma come libertà e democrazia vadano continuamente difese, giorno dopo giorno, dalle varie forme di illegalità, dalle incursioni criminali che toccano anche campi inediti, dai tentativi di sconvolgere la libertà della vita della società e dell’economia“.
Le bombe di Milano e Roma “erano parte di una strategia terroristica che ha avuto il culmine negli agguati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che è proseguita fino a colpire siti artistici prestigiosi, simboli della bellezza e della storia del Paese, luoghi di significativa identità religiosa. Si è trattato di una sfida alla nostra convivenza civile, di un tentativo di minacciare e piegare lo Stato democratico, costringerlo ad allentare l’azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali“. Come è noto il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è espresso di recente a favore di una revisione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa salvo essere stoppato dalla premier Giorgia Meloni che ha ricordato come non faccia parte del programma di governo.