Hai trafficato per indirizzare le scelte dei capi degli uffici giudiziari, spingendo i candidati amici e tentando di affossare i nemici? Per il Consiglio superiore della magistratura puoi continuare a dirigere un Tribunale di primo piano. È la linea adottata a proposito di due pratiche trattate nelle ultime sedute, in cui bisognava decidere se confermare o no gli incarichi di due giudici coinvolti in modo pesante negli strascichi dello scandalo nomine: Vittorio Masia, 68 anni, presidente del Tribunale di Brescia, e Marilena Rizzo, 63, presidente del Tribunale di Firenze. Entrambi appartengono a Unità per la Costituzione (Unicost), la corrente “moderata” di cui Luca Palamara era il ras indiscusso. Ed entrambi si rivolgevano via Whatsapp all’ex pm radiato, quando era un potente membro del Csm, per sensibilizzarlo sulle opzioni più o meno gradite per le nomine nei rispettivi territori: parlando dei colleghi in lizza usavano espressioni ben poco istituzionali, tipo “è dei nostri” oppure “me la tolgo dalle palle“. Dopo la trasmissione delle chat a palazzo dei Marescialli da parte della Procura di Perugia (che indagava Palamara), sia Masia che Rizzo sono stati sottoposti a procedimento disciplinare, concluso per il primo con la sanzione della censura e per la seconda con l’archiviazione per “scarsa rilevanza” del fatto. Ma ora il nuovo plenum a trazione centrodestra li ha graziati, decidendo a maggioranza, al termine di accesi dibattiti, che tutti e due sono degni di continuare a occupare le rispettive poltrone, in quanto – così si legge nelle delibere approvate – “indipendenti da condizionamenti derivanti da logiche correntizie“.
Le conferme “congelate” – Il Csm doveva esprimersi in base alla riforma Mastella del 2006, che ha previsto un giudizio dell’organo di autogoverno al termine dei primi quattro anni di mandato dirigenziale, in cui valutare tra le altre cose la sussistenza dei “prerequisiti” dettati dalle norme per l’esercizio della funzione: indipendenza, imparzialità ed equilibrio. Se il giudizio è positivo, il capo può restare in carica per un altro quadriennio, altrimenti torna a fare il giudice o il pm “semplice”. Va da sè che per funzionare il sistema avrebbe bisogno di valutazioni il più possibile puntuali. E invece, proprio per i magistrati più “problematici” (cioè, di solito, quelli sottoposti a procedimento penale o disciplinare) la procedura è stata fatta slittare alle calende greche, trasformandosi in una farsa: basti pensare che il primo quadriennio di Masia è scaduto il lontano 27 aprile 2020 (tre anni e tre mesi fa), quello di Rizzo addirittura il 15 dicembre 2019 (tre anni e otto mesi fa). Tutti e due, quindi, di fatto hanno completato anche il secondo mandato senza che sia arrivato il giudizio sul primo. E lo stesso è avvenuto in decine di altri casi. Negli ultimi mesi, però, anche grazie al pressing di tre consiglieri togati (Roberto Fontana, Mimma Miele e Andrea Mirenda) alcune pratiche “incagliate” da anni si sono finalmente sbloccate, e i casi Masia e Rizzo, forse i più delicati di tutti, sono arrivati all’esame del plenum per una valutazione quantomeno simbolica.
“Così me la tolgo dalle palle…” – Nella seduta del 19 luglio è stato il turno del presidente del Tribunale di Brescia. Su di lui pesavano le numerosissime chat in cui, tra il 2017 e il 2018, scriveva a Palamara per orientare le nomine nel distretto. In qualche caso si “limitava” a segnalare candidati appartenenti a Unicost: “Ciao Luca per PST (presidente di sezione di Tribunale, ndr) Bergamo (civile) abbiamo la nostra Laura Giraldi; Manuela Cantù altra concorrente è di Area“, uno dei gruppi progressisti. Altre volte si adoperava anche per affossare i nomi sgraditi, per esempio rispetto ai posti di procuratore aggiunto a Bergamo e Brescia: “Questo Renna è un mezzo debito che non va bene né a Bergamo né a Brescia. Abbiamo due splendidi candidati, Pavone e Bonfigli. Cerchiamo di non bruciarli”. “Rota sarebbe una sciagura per Bergamo. Pavone è apprezzato da tutti…”. In un’occasione, poi, tenta di “liberarsi” di una giudice sgradita sponsorizzandola per uno scambio di nomine: “Calendarizzate al più presto il posto di presidente del Tribunale di Cremona per il quale “dobbiamo” appoggiare Anna Di Martino di Area, ora a Brescia (e così me la tolgo dalle palle…)”. “È importante che si vada a concludere nel senso auspicato: Laura a Bergamo e Di Martino a Cremona”. “Grande Luca, hai fatto un ottimo lavoro su Brescia e ti sono tutti riconoscenti. Per sistemare anche Bergamo bisognerebbe trovare un paio di voti per la di Martino”. Nonostante questo e tanto altro materiale, nel voto in Quinta Commissione (competente sugli incarichi direttivi) quattro consiglieri su sei hanno proposto di confermare la nomina di Masia. Il togato indipendente Andrea Mirenda si è astenuto per principio, come fa in tutte le pratiche in cui vengono in gioco le chat di Palamara, denunciandone un uso “a corrente alternata”. Antonello Cosentino, di Area, è stato l’unico a proporre la non conferma, ricordando, tra le altre cose, che la sanzione della censura è di regola ostativa al conferimento di incarichi dirigenziali, e quindi dovrebbe esserlo anche al loro rinnovo. Il plenum però ha ritenuto diversamente e la conferma del magistrato è passata con 17 voti a favore e dieci contrari.
“Il punto sulle nomine” – Una settimana dopo, 26 luglio, in plenum è arrivata la pratica Rizzo. Anche qui, i messaggi che la presidente del Tribunale di Firenze mandava al suo capo-corrente sono eloquenti: “Non abbiamo ancora avuto modo di fare il punto sulle nomine in corso per gli incarichi semidirettivi in Toscana. Ti rappresento che per il posto di presidente di sezione al Tribunale di Firenze partecipa la nostra Maria Cannizzaro, che peraltro partecipa anche a presidente di sezione in Corte d’Appello (il primo posto utile tra questi due va bene). Per il posto di presidente di sezione del Tribunale di Pistoia molto valido è Giuseppe Pezzuti, su cui potrebbe convergere anche Mi (Magistratura indipendente, la corrente conservatrice, ndr). Per presidente di sezione del Tribunale Livorno concorre il nostro Dal Forno, che lavora già presso quel tribunale come giudice. Fammi sapere qualcosa. Grazie e buona domenica! Marilena”. E ancora: “Cannizzaro è dei nostri e ci tiene moltissimo”, “Ti vorrei ricordare quanta aspettativa abbia il gruppo toscano sul nome di Giuseppe Pezzuti. Questa nomina è vissuta come un braccio di forza (sic, ndr) con Mi e perdere ci squalificherebbe”. La partita però non va nel senso sperato dalla giudice fiorentina: “Billet 12 Pezzuti 10”, le relaziona Palamara. E lei: “Caspita! Siamo andati sotto di 2. Chi ci ha traditi?”. Altre volte era lui a chiederle indicazioni: “Su tribunale minorenni Firenze che dici?”. E Rizzo: “Non mi risultano colleghi a noi vicini“.
“Espulsione per Palamara, oblio per gli altri” – Pure in questo caso la Commissione si è espressa con quattro voti su sei per la conferma, mentre la proposta contraria è stata votata solo da Cosentino di Area. Che in plenum ha ricordato: “Il protagonista fisso di queste conversazioni è stato espulso dalla magistratura. Non si può non cogliere la contraddizione tra la gravità della sanzione che ha colpito il dottor Palamara e il totale oblio per gli altri. Condotte di questo genere non possono essere avallate, non possiamo pensare che tutto sia stato nulla”. Sulla stessa linea un altro togato di Area, Tullio Morello: “Nelle interlocuzioni tra Rizzo e Palamara non si parlava dell’operato dei magistrati, ma si discuteva semplicemente del fatto che appartenessero o meno alla loro corrente”. Mentre Mimma Miele, di Magistratura democratica, ricorda che “il giudice disciplinare si è espresso in termini di “indebita interferenza” a proposito delle condotte della dottoressa Rizzo, pur ritenendole tenui. Può il Consiglio ignorare questa valutazione a pie’ pari? Dalla lettura di queste conversazioni appare offuscato il profilo dell’indipendenza e dell’imparzialità del magistrato”. Maurizio Carbone di Area, procuratore aggiunto a Taranto (ha coordinato le indagini sull’ex Ilva) quasi implora il Consiglio: “Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, altrimenti aumenteremo la sfiducia già forte dei colleghi nei confronti dei dirigenti”. Niente da fare: il plenum conferma la magistrata alla presidenza del Tribunale fiorentino con 17 favorevoli, otto contrari e due astenuti. Nella delibera approvata si legge: “Gli episodi in oggetto, ormai peraltro risalenti nel tempo, non sono tali da dimostrare la sussistenza, all’attualità, di perdita di imparzialità e indipendenza della dottorezza Rizzo”. Gli anni passano, tutto è perdonato.