I golpisti nigerini hanno scelto il loro leader: alla guida del Paese ancora in subbuglio dopo il colpo di stato militare del 27 luglio e la destituzione del presidente Mohamed Bazoum, attualmente confinato all’interno della sua abitazione dalla guardia nazionale golpista, è salito il generale Abdourahamane Tchiani. Il 27 luglio i militari avevano annunciato la “fine del regime fino ad ora conosciuto” nel Paese, oltre ad annunciare la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere e l’istituzione del coprifuoco dalle 22 alle 5 fino a nuovo ordine.
Tchiani, che non era apparso nel video registrato che comunicava la presa del potere da parte dei soldati, si è autoproclamato leader del Paese in diretta tv dichiarando che l’intervento militare è stato deciso per invertire la rotta e il destino del Paese ed “evitare la sua graduale e inevitabile fine”. Il presidente si è poi rivolto alla comunità internazionale chiedendo ai “partner tecnici e finanziari amici del Niger di comprendere la situazione specifica” del Paese e “fornire tutto il supporto necessario per consentirgli di affrontare le sfide”. Tchiani, oltre a mettere in guardia da eventuali interventi militari stranieri promettendo conseguenze, ha poi aggiunto che le forze da lui guidate hanno agito “in nome della sicurezza e del malgoverno” che ha caratterizzato il Niger negli ultimi mesi. Secondo alcune indiscrezioni fornite dai media locali, però, ci sarebbero anche motivazioni personali: la testata L’Enqueteur du Niger scrive che il presidente Bazoum aveva recentemente deciso di rimuoverlo dalla carica di comandante della guardia presidenziale. Al momento non si può affermare quale sarà la sorte del presidente Bazoum, ma secondo alcune indiscrezioni sarebbe in buone condizioni di salute.
La reazione internazionale al golpe è stata immediata, con una condanna unanime che è arrivata sia da Usa, Ue e Russia. In primis gli Stati Uniti, che tramite il proprio segretario di Stato Antony Blinken sono riusciti a mettersi in contatto con Bazoum, hanno espresso il forte “interesse statunitense al ripristino dell’ordine costituzionale nel Paese” e dichiarato che il “partenariato economico e sulla sicurezza tra Usa e Niger dipende dalla continuazione del governo democratico e dal rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani”. In Niger sono infatti presenti un migliaio di soldati statunitensi e anche un contingente italiano meno numeroso, impegnati in una missione di supporto e addestramento bilaterale alle forze dell’esercito nigerino. Anche la reazione di Parigi non si è fatta attendere. Fonti diplomatiche hanno comunicato di “non riconoscere le autorità che hanno preso il potere con un golpe in Niger guidato dal generale Tchiani” e che “Mohamed Bazoum rimane il solo presidente del Niger”, aggiungendo poi un appello al “ripristino immediato” dell’ordine costituzionale nel paese in conformità a quanto richiesto dalla comunità internazionale e al “rilascio” del presidente Bazoum.
Il Niger negli ultimi anni ha visto l’influenza russa crescere in maniera significativa. In un audio diffuso da un’organizzazione militare russa vicina alla Wagner, poi dichiarato di dubbia veridicità poiché non verificato da nessun media internazionale, il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, si sarebbe complimentato con i golpisti del Niger definendo l’accaduto “come un momento di liberazione dai colonizzatori occidentali atteso da tempo”. Lo stesso Prigozhin non ha fatto alcuna menzione su un eventuale coinvolgimento del suo gruppo militare nel golpe in Niger, ma alcuni osservatori hanno fatto notare che tutto è accaduto mentre Putin ospitava in questi giorni a San Pietroburgo i leader dei Paesi africani chiudendo importanti accordi.