Secondo la relatrice Antonella Zedda (FdI) è un passo verso “fisco amico e giusto”, per le opposizioni un testo pieno di regali agli evasori. Di sicuro nel passaggio in commissione Finanze del Senato la delega fiscale del governo Meloni ha imbarcato l’esclusione tout court (invece del precedente “alleggerimento”) delle sanzioni penali, in particolare per dichiarazione infedele, per le imprese che aderiscono all’adempimento collaborativo con le Entrate: l’avevano chiesta Confindustria e Confcommercio, tre emendamenti identici di FdI, FI e Lega hanno provveduto. E al regime di dialogo con l’Agenzia saranno ammessi anche i Paperoni che portano la residenza in Italia o comunque godono nella Penisola, anche tramite un trust, di un reddito complessivo di almeno 1 milione di euro. Sono stati invece ritirati gli emendamenti di maggioranza che puntavano a ridurre le sanzioni a chi aderirà al concordato preventivo biennale con il fisco ma poi perderà il beneficio per aver commesso violazioni “non lievi”.

Via le sanzioni penali per le imprese in adempimento collaborativo – L’adempimento collaborativo, che già oggi comporta delle premialità, diventerà dunque ancora più attrattivo. A valle dei decreti attuativi sgombrerà il campo dal penale per i contribuenti infedeli. Da notare che il reato scatta solo sopra i 100mila euro di imposta evasa: non proprio briciole. L’altro elemento da considerare è che oggi la collaborazione è riservata a gruppi con almeno 1 miliardo di ricavi ma in base alla delega sarà estesa anche ad aziende più piccole. E un emendamento di Civici d’Italia-Noi Moderati-Maie, accolto in commissione, consente l’accesso pure alle persone fisiche che trasferiscono la residenza nel nostro Paese o la mantengono all’estero ma possiedono, “anche per interposta persona o trust”, un reddito complessivo “mediamente pari o superiore a un milione di euro” in Italia.
Altri emendamenti identici di tutta la maggioranza hanno poi escluso anche le sanzioni amministrative (oggi dimezzate) per chi si fa certificare il sistema di rilevazione controllo del rischio fiscale da un professionista qualificato, a patto che non abbia tenuto condotte fraudolente. Non a caso la proposta arrivava dal Consiglio dei commercialisti. Per questi contribuenti arriverà anche la riduzione di due anni dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.

Un contentino sul pignoramento – Sul pignoramento sprint dei conti correnti degli evasori, cruciale per migliorare la riscossione, per la maggioranza arriva solo un contentino politico. Sarà “razionalizzato, informatizzato e semplificato” ma non “automatizzato” come prevedeva il testo originario e al testo viene anche aggiunto che restano “ferme le forme di tutela previste a favore del debitore”: così forzisti e FdI – affiancati da Italia viva – possono smentire il “prelievo forzoso”.

Stop alle sanzioni per chi non versa e ha crediti con la pa – Chissà se c’entra il fatto che il governo, nel documento di revisione del Pnrr, rinvia di 15 mesi il termine ultimo previsto per rispettare l’obbligo di pagare alle imprese i debiti della pubblica amministrazione entro 30 giorni. Epilogo imbarazzante per uno dei grandi cavalli di battaglia di Matteo Salvini. Tant’è: un emendamento della Lega approvato in commissione prevede che si valuti la possibilità di non applicare sanzioni e interessi per mancati versamenti di imposte dichiarate se il contribuente ha crediti nei confronti della pa, “sino alla concorrenza del debito di imposta”. Pari e patta.

I sindaci si faranno le loro rottamazioni – Tra i pochi emendamenti di opposizione che hanno ricevuto disco verde ce n’è uno del Pd sulla revisione del sistema fiscale degli enti locali. Che mette la firma sull’intesa raggiunta a maggio dal governo in Conferenza unificata. Oltre ad “assicurare la piena attuazione del federalismo fiscale, attraverso il potenziamento dell’autonomia finanziaria”, la riforma dovrà accordare ai sindaci la possibilità di varare definizioni agevolate ad hoc sulle entrate di loro spettanza, multe comprese.

Rimangono gli Isa – Diversi emendamenti bipartisan hanno fatto saltare il “graduale superamento” degli Indici sintetici di affidabilità, che saranno invece semplificati e razionalizzati. L’ipotesi di una abolizione degli Isa, le “pagelle” che dal 2019 hanno sostituito i vecchi studi di settore, aveva sollevato molte perplessità anche perché il viceministro Maurizio Leo ha spiegato che saranno decisivi per l’accesso al nuovo concordato preventivo biennale, cioè l’accordo con le Entrate su una base imponibile valida per due anni e di conseguenza sulle tasse da pagare indipendentemente da eventuali aumenti del reddito.

Riscossione ai privati – Tra le proteste delle opposizioni è stato accolto anche un emendamento di maggioranza che consente all’ente di creditore, nel caso un primo tentativo di incasso da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione sia andato a vuoto, di affidare la gestione della riscossione a soggetti privati. I privati se ne sono occupati, su concessione, fino al 2005, con esiti non brillanti.

Voltafaccia sui pagamenti elettronici – Un drappello di senatori di FdI, archiviato il tentativo spericolato di abolire le sanzioni per chi non accetta pagamenti con carta, ha fatto inversione a U e si è schierato fieramente pro Pos. L’emendamento a prima firma Lavinia Mennuni, passato in commissione, dispone che siano previste “misure volte ad incentivare, anche in prospettiva e garantendone la gratuità, l’utilizzo dei pagamenti elettronici, lo svecchiamento dei terminali di pagamento e la digitalizzazione delle piccole e medie imprese, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Certo, sulla gratuità ci sarà da lavorare: il tavolo esercenti-Abi sulle commissioni si è concluso senza alcun obbligo per le banche di ridurre i costi a carico degli esercenti.

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